Ictus ischemico e fibrillazione atriale: timing di inizio anticoagulazione. Il caso di una paziente con cardiopatia valvolare in fase avanzata
CMA è una donna di 80 anni con nota cardiopatia: fibrillazione atriale in TAO (Warfarin), stenosi aortica severa, insufficienza mitralica e insufficienza tricuspidalica moderate. Negli ultimi anni la paziente ha presentato diversi episodi di scompenso cardiaco, con necessità di ricovero ospedaliero, l’ultimo dei quali risale al novembre 2016. La terapia effettuata a domicilio consiste in: Warfarin; Pantoprazolo 20 mg die; Atenololo 50 mg x 2 die; Digossina 0.125 mg die; Furosemide 1 cp x 2 die; Allopurinolo 150 mg die; Solfato ferroso 1 cp die. Il figlio riferisce di supervisionare lui stesso sull’assunzione della terapia farmacologica da parte della madre.
All’ultimo controllo del 7/12/2017 l’INR è stato di 2.26.
Il 2 gennaio 2018, alle ore 16, CMA giunge in PS tramite 118 per la comparsa circa 100-110 minuti prima di disartria ed emiplegia facio-brachio-crurale destra. I parametri vitali in PS sono i seguenti: PA 150/75, Sat 96% in Aria Ambiente, FC 80/min. Alle ore 17 esegue una TAC del cranio che non mostra segni di eventi acuti rilevando solo sfumata ipodensità della SB profonda delle corone radiate e dei centri semiovali da leucoencefalopatia aspecifica (vd TAC basale). La paziente viene valutata dal neurologo in PS alle ore 18:15 (a distanza di circa 4 ore dall’esordio dei sintomi). La signora presenta un grave deficit facio-brachio-crurale dx con plegia brachiale e disartria (NIHSS=9). Agli esami ematici l’INR risulta pressoché nella...
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