Introduzione
L’introduzione dei NOACs nell’armamentario terapeutico per la prevenzione del rischio tromboembolico nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare ha portato ad un netto beneficio clinico rispetto all’anticoagulazione classica con antagonisti della vitamina K, espresso per esempio dalla significativa riduzione della mortalità. L’utilizzo dei NOACs è anche risultato associato ad una frequenza di emorragie maggiori paragonabile, ed in alcuni casi addirittura inferiore, a quella osservabile con warfarin. Mentre il tallone d’Achille dei nuovi anticoagulanti è costituito dell’emorragia a carico del tratto gastroenterico, l’utilizzo dei NOACs ha condotto ad una significativa riduzione di fenomeni emorragici più preoccupanti, in particolare delle emorragie intracraniche. Negli studi randomizzati la frequenza di emorragie maggiori in terapia con NOACs è risultata compresa tra l’1.4% e il 3.6%/anno, ma con una frequenza di emorragie critiche o minacciose per la vita nettamente più bassa e compresa tra lo 0.3% e l’1.45%/anno. Il rischio emorragico ha sempre preoccupato fortemente il clinico nella gestione della terapia anticoagulante e, in questo contesto, l’assenza di test di facile accesso per stimare l’entità dell’effetto anticoagulante dei NOACs e, inizialmente, di un antidoto, ha costituito un fattore di resistenza al loro utilizzo. L’evidenza, non solo dagli studi registrativi, ma anche dai registri...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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