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Bisoprololo nella terapia dello scompenso cardiaco cronico a funzione sistolica ridotta

Una scelta razionale sia in termini di efficacia che di tollerabilità?

La terapia β bloccante costituisce un caposaldo del moderno trattamento dello scompenso cardiaco cronico (SCC) a funzione sistolica depressa. Non tutti i β bloccanti hanno, però, fornito risultati positivi quando testati in trial farmacologici su larga scala. Oggi, ad esempio, sappiamo di non poterci aspettare alcun beneficio clinico dall’utilizzo di β bloccanti dotati di attività simpatico mimetica intrinseca. Anche altre molecole, promettenti sulla carta, non hanno superato la prova dei fatti. E’ il caso ad esempio del bucindololo, testato senza successo nello studio BEST (The Beta-Blocker Evaluation of Survival Trial Investigators). Di fatto, ad oggi, le Linee Guida internazionali raccomandano l’utilizzo di solo quattro β bloccanti: il metoprololo (succinato), il bisoprololo, il carvedilolo e il nebivololo. Tutte queste molecole, tranne il nebivololo, hanno mostrato di ridurre drammaticamente la mortalità (riduzione del rischio relativo intorno al 34-35%) per quanto “on top” alla miglior terapia disponibile. Il nebivololo costituisce una caso a parte, essendo stato specificatamente testato solo in una popolazione di soggetti anziani (età ≥70 anni) e, in buona parte, affetti da scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata o da quello che oggi definiremmo scompenso cardiaco “mid-range”. Nello studio SENIORS (Study of the Effects of Nebivolol...continua a leggere

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