La dapagliflozina è ben tollerata e determina importanti benefici nei pazienti con pressione arteriosa sistolica
Molti trattamenti per lo scompenso cardiaco a ridotta frazione d’eiezione possono ridurre la pressione arteriosa sistemica. Inoltre, i pazienti scompensati con bassa pressione sistemica hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli con pressione normale o elevata. Probabilmente, ciò è attribuito alla bassa gittata sistolica e al peggior compenso emodinamico. Ma, la prognosi peggiore può essere anche legata al sottoutilizzo di alcuni farmaci anti-scompenso. Spesso infatti, alcuni medici sono riluttanti a prescrivere tali farmaci per la paura di peggiorare lo stato ipotensivo, di causare sincope, vertigini e disfunzione renale. Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2) sono raccomandati in pazienti diabetici con scompenso cardiaco, per abbassare il rischio di ospedalizzazione. Alcuni studi hanno dimostrato che in pazienti diabetici di tipo II, il trattamento con SGLT2 determina un abbassamento della pressione arteriosa di circa 3-4 mmHg, paragonabile a quello ottenuto con una bassa dose di diuretico tiazidico. Recentemente, Serenelli et al hanno valutato l’effetto della dapagliflozina sulla pressione arteriosa sistolica in pazienti con scompenso cardiaco a frazione d’eiezione ridotta, con o senza diabete, arruolati nello studio DAPA-HF (Dapagliflozin and Prevention of Adverse Outcomes in Heart Failure). Sono stati analizzati dati di pazienti in classe NYHA da II-IV, frazione d’eiezione <40% ed elevati livelli di NT-pro-BNP e pressione arteriosa sistolica ≥ 95 mmHg. L’endpoint primario era il peggioramento dello scompenso cardiaco o la morte cardiovascolare. Un totale di 1.205 pazienti avevano la pressione arteriosa sistolica basale < 110 mmHg; 981 ≥110 e < 120; 1.149 tra 120 e 130; e 1.409 ≥ 130 mmHg. I pazienti nella categoria più bassa di pressione sistolica avevano un tasso maggiore di peggioramento dello scompenso cardiaco o di morte cardiovascolare. La dapagliflozina risultava essere ben tollerata anche nel gruppo con PA< 110 mmHg, nonostante una lieve riduzione della PAS dopo l’inizio del trattamento. Il tasso di sospensione della dapagliflozina era particolarmente basso e non maggiore rispetto a quello del placebo. Inoltre, è stato notato un incremento dei valori pressori nei pazienti con PA bassa e viceversa un abbassamento in quelli con PA basale elevata, dopo la randomizzazione, effetto dovuto sia al fenomeno statistico della “regressione verso la media”, sia al miglioramento della funzione cardiaca. Quindi, la dapagliflozina non solo sarebbe ben tollerata in pazienti con pressione arteriosa sistolica bassa, ma questi soggetti sono anche quelli che maggiormente possono beneficiare di tale trattamento.