GENERATORE DI POTENZA

Ivabradina offre più potenza anti-ischemica per i pazienti con cardiopatia.

La gestione della cardiopatia ischemica ha due obiettivi da raggiungere: migliorare la prognosi, prevenendo la morte e/o l’infarto del miocardio e migliorare la qualità di vita, riducendo i sintomi.

Secondo le linee guida, il trattamento della cardiopatia ischemica cronica comprende il controllo dei fattori di rischio, l’educazione sanitaria e la terapia farmacologia propriamente detta (farmaci anti-ischemici, anti-anginosi e farmaci di prevenzione secondaria). La rivascolarizzazione è indicata, infine, nei casi in cui la terapia farmacologia ottimale è insufficiente a controllare i sintomi. Dati recenti suggeriscono che aggiungere la rivascolarizzazione alla terapia medica ottimale, anche quando eseguita su stenosi emodinamicamente significative, non riduce l’incidenza di infarto né la mortalità in pazienti con cardiopatia ischemica cronica. Rispetto alla terapia medica, la PTCA riduce in maniera più marcata la sintomatologia ma questa differenza tende a scomparire nel tempo. Comunque anche dopo una rivascolarizzazione “efficace” la maggior parte dei pazienti continua a presentare angina e/o ischemia e continua ad assumere farmaci anti-anginosi. Queste terapie farmacologiche, però, spesso mostrano dei limiti; molti pazienti, ad esempio, sviluppano assuefazione ai nitrati long-acting o manifestano effetti collaterali ai beta-bloccanti. La personalizzazione della terapia in base alle necessità del singolo individuo è diventata, quindi, sempre più difficile. Rispetto al passato, il paziente attuale tende ad essere più anziano, ad essere già sottoposto a procedura di rivascolarizzazione ed a presentare frequentemente altre patologie associate, in particolare scompenso, diabete e ipertensione, che esasperano i limiti delle terapie in uso. In questo panorama è stato introdotto nelle linee guida una nuova molecola, l’ivabradina, che ha dimostrato di soddisfare la necessità di potenza anti-ischemica. L’efficacia anti-anginosa e anti-ischemica di ivabradina è stata dimostrata in numerosi trial. In un’analisi effettuata su dati di 2.500 pazienti con coronaropatia stabile documentata e almeno due prove da sforzo positive, ivabradina ha dimostrato un’efficacia anti-anginosa e anti-ischemica consistente indipendentemente dalla gravità della coronaropatia e dalla presenza di comorbilità. Ivabradina ha ridotto del 59% gli attacchi anginosi e del 54% il consumo di nitrati a breve durata d’azione. In uno studio verso il dosaggio massimo di beta-bloccante (100mg di atenololo), ivabradina ha dimostrato, per ogni battito cardiaco in meno, di aumentare la soglia ischemica più del beta-bloccante. Ivabradina ha anche dimostrato un’efficacia anti-ischemica in associazione alle terapie convenzionali.Figura 1 Nello studio ASSOCIATE (Evaluation of the Anti-anginal efficacy and Safety of the asSociation Of the If Current inhibitor IvabrAdine with a beTa-blockEr) 889 pazienti con coronaropatia documentata ed angina stabile, tutti in trattamento con atenololo 50mg, sono stati randomizzati a ricevere, in aggiunta al beta-bloccante, ivabradina o placebo per una durata di 4 mesi. Ivabradina, on top al beta-bloccante, ha ottenuto un aumento di tutti i parametri della prova da sforzo: sono significativamente aumentati la durata totale dell’esercizio (TED), il tempo alla comparsa di angina (TAO), il tempo all’angina limitante (TLA) ed il tempo alla comparsa dei segni di ischemia all’elettrocardiogramma (TST) (Figura 1). L’associazione di ivabradina e beta-bloccante ha, quindi, determinato benefici anti-ischemici aggiuntivi ed è stata ben tollerata. Su questa linea sono i risultati di un nuovo studio, presentato al congresso 2010 dell’American College of Cardiology, in cui sono state confrontate due strategie terapeutiche: ivabradina in aggiunta a bisoprololo 5mg oppure la titolazione del bisoprololo da 5mg a 10mg. Alla prova da sforzo, i pazienti con ivabradina e beta-bloccante hanno manifestato una capacità di esercizio fisico doppia rispetto a quelli con bisoprololo 10mg (Figura 2).Figura 2

La superiore potenza anti-ischemica di ivabradina è legata alla superiore perfusione miocardia che questo farmaco induce. Infatti, ivabradina da un lato riduce la frequenza cardiaca, attraverso un legame specifico sul canale If delle cellule del nodo del seno e dall’altro aumenta il flusso coronarico diastolico, perché preserva la dilatazione delle coronarie durante lo sforzo e allunga la durata della diastole più del beta-bloccante. Tutto ciò garantisce una potente perfusione del miocardio proprio durante l’esercizio fisico. Oltre la potente azione anti-ischemica, ivabradina garantisce anche un altro vantaggio: dimezzare l’infarto del miocardio. Lo ha dimostrato nell’analisi della popolazione di 1.500 coronaropatici sintomatici dello studio BEAUTIFUL (MorBidity-mortality EvAlUaTion of the If Inhibitor Ivabradine in Patients with Coronary Artery Disease and Left-VentricULar Dysfunction). Questa sottopopolazione era rappresentativa della popolazione totale inclusa nello studio BEAUTIFUL, sia per le caratteristiche basali dei pazienti, sia per le terapie già in atto; l’impiego dei beta-bloccanti, ad esempio, era elevato (90%) come nella popolazione totale del trial. Ebbene, in questa sottoanalisi ivabradina ha ridotto significativamente del 42% il rischio di infarto del miocardio (Figura 3)Figura 3 a ulteriore dimostrazione della grande potenza del farmaco.

Non ci sono dubbi sul fatto che, per i coronaropatici, si stiano aprendo nuove prospettive terapeutiche, con la sempre maggiore attenzione alla personalizzazione della terapia, che deve avere come obiettivo principale la riduzione degli eventi ed il miglioramento della qualità della vita.

In quest’ottica di potenziamento terapeutico l’ivabradina trova l’impiego ideale grazie alle evidenze che lo portano ad essere un potente anti-ischemico in grado di dimezzare il rischio di infarto del miocardio.

Nino Lo Pacio

 
BIAGIO INSACCO
speriamo che presto possa essere ampiamente usata
inserito il: 20-11-2010 15:12