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L’impiego di biomarcatori circolanti per individuare i diabetici a maggior rischio di insufficienza renale |
Fonte: Scarale M et al, EASD 2020. È possibile individuare in anticipo quali siano i pazienti diabetici più a rischio di insufficienza renale, così da intervenire tempestivamente per prevenirne lo sviluppo? A questa domanda risponde una ricerca italiana divulgata in occasione del 56° congresso annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD). La ricerca è stata condotta su 861 pazienti diabetici arruolati nel Gargano Mortality Study 2 (GMS2) e del Gargano Mortality Study 1 (GMS1), sottoposti al dosaggio di 188 metaboliti sierici noti come possibili predittori di comparsa di insufficienza renale. Il GMS2 (325 soggetti) è stato usato come campione per individuare i biomarcatori associati alla riduzione della funzione emuntoria renale in termini di filtrazione glomerulare (GFR). Il GMS1 (536 soggetti) è servito per validare i risultati ottenuti nel primo studio. I metaboliti validati sono stati combinati per calcolare un punteggio di rischio (metabolite risk score, MetScore), poi usato per migliorare la predizione di ridotto GFR in un modello clinico costituito da variabili facilmente reperibili (età, sesso, BMI, emoglobina glicata e albumina/creatinina). I risultati dell’analisi hanno evidenziato che MetScore migliora la capacità del modello clinico di predire il deterioramento della funzionalità renale in più del 40% dei pazienti, consentendo così di individuare con maggior precisione i diabetici a rischio di insufficienza renale. Se l’utilità del dosaggio di questi metaboliti venisse confermata su più ampie casistiche, tale approccio potrebbe arricchire la pratica clinica di uno strumento di riconoscimento precoce dei pazienti diabetici più a rischio di insufficienza renale, sui quali concentrare il massimo delle risorse disponibili per prevenire tale evoluzione. leggi anche |
- Cut-off di troponina specifici per uomini e donne per escludere l'infarto miocardico
Fonte: ACC Congress 2024 - Li Z, Wereski R, Anand A, et al. J Am Coll Cardiol. 2024 (doi:10.1016/j.jacc.2024.03.365). Uno studio pubblicato sul "Journal of the American College of Cardiology" ha confrontato livelli di troponina cardiaca I ad alta sensibilità uniformi o diversi in uomini e donne per l’esclusione di infarto miocardico all’arrivo in Pronto Soccorso. L’utilizzo di un singolo cut-off ( Cut-off di troponina specifici per uomini e donne per escludere l'infarto miocardico Beta-bloccanti in pazienti con infarto miocardico e frazione d’eiezione preservata: nessuna evidenza di beneficio prognostico Miglioramento della prognosi dello shock cardiogeno con il dispositivo Impellaleggi la news - Beta-bloccanti in pazienti con infarto miocardico e frazione d’eiezione preservata: nessuna evidenza di beneficio prognostico
Fonte: ACC Congress 2024 - Yndigegn T, Lindahl B, Mars K, et al. NEJM. 2024 (doi: 10.1056/NEJMoa2401479). Uno studio pubblicato sul "New England Journal of Medicine" ha indagato l'effetto del trattamento a lungo termine con beta-bloccanti in pazienti con infarto miocardico acuto che hanno conservato una frazione di eiezione ventricolare sinistra del 50% o superiore. Lo studio, condotto tra il settembre 2017 e maggio 2023 in 45 centri distribuiti in Svezia, Estonia e Nuova Zelanda, ha coinvolto 5020 pazienti, dei quali il 95,4% erano in Svezia. I partecipanti sono stati assegnati casualmente a ricevere beta-bloccanti (metoprololo o bisoprololo) o nessun trattamento con beta-bloccanti. Dopo un periodo mediano di follow-up di 3,5 anni, il risultato primario...leggi la news - Miglioramento della prognosi dello shock cardiogeno con il dispositivo Impella
Fonte: ACC Congress 2024 - Møller JE, Engstrøm T, Jensen LO, et al. NEJM 2024 (doi: 10.1056/NEJMoa2312572). Nello studio DanGer Shock, l'impianto della pompa a flusso micro-assiale Impella CP si è dimostrata capace di aumentare la sopravvivenza a sei mesi tra i pazienti con infarto miocardico e sopraslivellamento del segmento ST (STEMI) complicato da shock cardiogeno. Lo studio, condotto presso 14 centri in Danimarca, Germania e Regno Unito, ha analizzato i dati di 355 pazienti trattati per STEMI con shock cardiogeno (età mediana 67 anni, 79% uomini), randomizzati a ricevere la terapia standard o la terapia standard più una pompa Impella CP prima, durante o fino a 12 ore dopo l’angioplastica. L'endpoint primario, morte per...leggi la news
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