Innumerevoli dati sperimentali sembrano sostenere il ruolo di alcuni polifenoli nel trattamento e nella prevenzione delle disglicemie e del diabete di tipo 2. Scarsa la sperimentazione clinica.
Negli ultimi anni un ampio numero di evidenze epidemiologiche hanno supportano la validita' dell’idea che una dieta ricca in frutta e vegetali rappresenti un’abitudine alimentare estremamente vantaggiosa per la salute, in grado di attenuare o ritardare l’insorgenza di molte patologie croniche, incluse le malattie cardiovascolari ed il diabete. Frutta e verdura rappresentano un’ottima fonte nutrizionale ricca in vitamine, fibre e carboidrati a basso indice glicemico. Proprio perché la maggior parte dei frutti e delle verdure edibili è caratterizzata da un basso indice glicemico e da un basso carico glicemico, tali alimenti sono particolarmente adatti alle diete dei soggetti diabetici, in cui l’obbiettivo è mantenere il controllo della glicemia. Comunque, i meccanismi fisiologici e molecolari attraverso cui frutta e verdura riducono il rischio di malattie vascolari e metaboliche rimangono piuttosto elusivi. Molti dati in letteratura hanno evidenziato che i benefici per la salute legati all’assunzione di frutta e vegetali siano strettamente collegati al contenuto di polifenoli in essi contenuti. I polifenoli sono molecole chimiche prodotte dalle piante, caratterizzate dalla presenza di uno o più anelli fenolici (la cui molecola è costituita da un anello benzenico a cui sono direttamente legati più gruppi ossidrilici –OH), e che nel loro complesso costituisco una famiglia estremamente variegata di composti xenobiotici (cioè estranei alla nostra biochimica). A oggi sono state identificate le formule chimiche di oltre 8.000 polifenoli ma si pensa che in natura ne esistano almeno 100.000. La classificazione di queste sostanze è estremamente complessa, come complicati e variegati sono i potenziali meccanismi d’azione dei polifenoli sulla salute umana. Già negli anni 80, il gruppo di David Jenkins, lo scienziato che per primo identificò l’indice glicemico degli alimenti, aveva notato che sia nei soggetti normali che in quelli diabetici, esisteva una relazione inversa tra l’indice glicemico di un cibo ed il suo contenuto in polifenoli. I polifenoli, in particolar modo i tannini condensati e i polifenoli polimerizzati di grandi dimensioni, sembrano essere responsabili, almeno in parte, della ridotta risposta ai carboidrati del cibo. Il ruolo dei polifenoli però non sembra essere confinato solo a questa proprietà. Alcune molecole appartenenti a questa famiglia sembrano in grado, infatti, d’interferire a più livelli sulla biologia cellulare, modulando meccanismi di segnale e fattori di trascrizione e attivando vari tipi di proteine, direttamente collegati alla regolazione della glicemia e alle risposte metaboliche dell’organismo. Tra i polifenoli più studiati per le loro caratteristiche salutistiche vi sono i rappresentanti della classe dei flavonoidi ed, in particolare per quanto riguarda gli effetti benefici sul sistema cardiovascolare e sul metabolismo glucidico, la sottoclasse dei flavanoli. Tè, uva e cacao sono esempi di piante estremamente ricche in flavanoli.
Il tè è, dopo l’acqua, la bevanda più bevuta al mondo. Il tè nero, il tè verde ed il tè oloong sono le varietà più diffuse e derivano tutte dalla stessa pianta, la Camellia sinensis, differendo tra loro per il procedimento di essiccazione e fermentazione. Il tè verde che è la tipologia di tè meno fermentata, è anche la varietà maggiormente ricca in polifenoli. Alcuni studi epidemiologici hanno suggerito che l’abitudine giornaliera di consumare tè verde è in grado di ridurre tutte le cause di mortalità e di promuovere la longevità nell’uomo. Gli effetti benefici del tè verde sono attribuibili soprattutto al suo alto contenuto di polifenoli, che rappresentano circa il 35% del suo peso secco. Paragonato al tè nero o all’oloong, il tè verde è particolarmente ricco in catechine che includono l’epigallocatechina-3-gallato (EGCG), l’epicatechina-3-gallato e l’epicatechina.
L’EGCG è il più attivo e il più abbondante composto del tè verde, rappresentando approssimativamente il 43% del contenuto totale in polifenoli. Gran parte delle peculiari caratteristiche salutistiche del tè verde, in particolare quelle sul metabolismo, sul cancro e sulle patologie cardiovascolari, sono state correlate al suo contenuto in EGCG. Infatti, questo composto è stato oggetto di numerosi studi di base e di sperimentazioni cliniche che hanno evidenziato la capacità dell’EGCG di interagire su svariati bersagli molecolari, dimostrando un’attività pleiotropica su cellule e tessuti. L’EGCG possiede proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che includono la capacità d’inibire l’espressione della ciclossigenasi-2 (COX-2) e dell’ossido nitrico sintasi (NOS). L’EGCG, inoltre, è in grado d’indurre apoptosi in svariati tipi di cellule cancerose attraverso l’inibizione di alcuni fattori critici di trascrizione, quali il nuclear factor-kappa B (NF-κB), l’activator protein 1 (AP-1), e STAT-1 (Figura 1). L’EGCG previene l’invasività delle cellule cancerose, l’angiogenesi e la diffusione delle metastasi, attraverso la sua specifica capacità d’inibire le metallo proteasi di matrice e l’adesività cellulare. Per quanto riguarda il metabolismo, evidenze epidemiologiche indicano che le popolazioni che assumono grandi quantitativi di catechine del tè verde ottengono un beneficio in termini di peso e grasso corporeo, di omeostasi del glucosio e di rischio cardiovascolare. Un ampio studio condotto in Giappone ha mostrato che soggetti con una assunzione giornaliera media di 6 tazze di te verde presentano un ridotto rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Un altro studio clinico randomizzato, condotto su soggetti in sovrappeso a rischio di diabete, ha mostrato come la supplementazione per 8 settimane con un estratto di tè verde contenente 544 mg di polifenoli sia in grado di abbassare significativamente i livelli ematici di emoglobina glicata. L’effetto benefico sul metabolismo del glucosio prodotto dalle catechine del tè verde può essere mediato da diversi meccanismi, incluso il ridotto assorbimento di carboidrati, la riduzione della produzione di glucosio a livello epatico, un aumento della secrezione di insulina e di sensibilità dell’insulina ed un aumentato utilizzo di glucosio da parte del muscolo scheletrico. Le catechine del tè verde possono anche proteggere dallo sviluppo delle complicazioni del diabete a lungo termine grazie alla regolazione delle difese antiossidanti delle cellule e alla capacità di queste sostanze di attivare numerosi geni difensivi. In particolare alcuni studi hanno recentemente dimostrato un’azione protettiva dell’EGCG sulla neuropatia diabetica in modelli animali. Il nostro gruppo ha identificato un preciso meccanismo di sopravvivenza cellulare indotto dall’EGCG in grado di proteggere i neuroni sottoposti a stress ossidativo ed iperglicemia (Scapagnini G. et al. J Am Coll Nutr 2009).
L’EGCG, infatti, attraverso l’attivazione di uno specifico fattore di trascrizione, l’Nrf2, induce nei neuroni una risposta difensiva con produzione di alti livelli di enzimi detossificanti di tipo II e di emeossigenasi 1, proteine in grado di difendere le cellule dai danni da radicali liberi, tipicamente prodotti in situazioni di iperglicemia.
L’uva contiene un gran numero di sostanze polifenoliche che includono flavonoidi, non flavonoidi e idrossistilbeni, dotate di notevoli proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Banini et al hanno recentemente dimostrato che la somministrazione prolungata di vino dealcolizzato altera i livelli ematici di insulina in soggetti affetti da diabete di tipo 2. Pazienti affetti da diabete di tipo 2 e partecipanti sani hanno assunto per 28 giorni 150 ml dopo cena di succo, vino o vino dealcolizzato preparato da uva muscadina (Vitis rotundifolia). I soggetti che hanno assunto il vino dealcolizzato hanno avuto una riduzione dei livelli plasmatici di insulina a digiuno e il rapporto glucosio/insulina è aumentato da 8,5 a 13,1 (un rapporto glucosio/insulina sotto il 7 è predittivo di insulino-resistenza).
Questo studio sembrerebbe indicare che un preparato di uva, titolato in polifenoli, potrebbe risultare particolarmente utile nei soggetti diabetici. Tra i polifenoli più interessanti contenuti in questa frutta vi è certamente il resveratrolo, un polifenolo appartenente al gruppo degli idrossistilbeni, contenuto nella buccia e negli acini dell’uva, in quantità variabili in funzione del tipo di vitigno e delle condizioni ambientali in cui esso cresce. Il resveratrolo viene mantenuto in concentrazioni significative nel vino rosso e, in natura, è presente in grandi quantitativi anche nelle noccioline americane e nella pianta officinale poligonum cuspidatum, che ne rappresenta la principale fonte di estrazione. Il resveratrolo è noto per i suoi potenziali effetti cardioprotettivi, legati alla sua proprietà di prevenire l’aggregazione piastrinica attraverso una inattivazione selettiva della prostaglandina H2 sintetasi, e delle ciclossigenasi, in maniera analoga a quanto fa l’aspirina. Il resveratrolo ha poi la peculiare caratteristica di indurre l’espressione della ossido nitrico sintetasi endoteliale ed inducibile, sortendo così un effetto vasodilatatorio. Tra i principali target molecolari del resveratrolo ci sono le sirtuine, un gruppo di proteine ad azione deacetilasica, a cui sono state attribuite numerose azioni di controllo sul metabolismo e sulla longevità degli esseri viventi. Le sirtuine si attivano tipicamente durante la restrizione calorica e sono alla base dell’aumento della longevità ottenuta tramite questa procedura. Se il resveratrolo sia in grado di attivare le sirtuine direttamente o indirettamente è ancora oggetto di diatriba scientifica; sta di fatto che sulla base delle prime evidenze scientifiche della capacità di questo polifenolo di attivare le sirtuine, sono state sviluppate alcune molecole resveratrolo-simile in fase di approvazione come farmaci per il diabete di tipo 2. Infatti, tra le numerose azioni biologiche attribuite alle sirtuine vi sono la modulazione della gluconeogenesi e della glicolisi a livello epatico, la regolazione del metabolismo lipidico e la sopravvivenza cellulare.
Le sirtuine, in particolare, regolano un gruppo di fattori di trascrizione, i forkhead box O (FOXO), fondamentali per la funzione delle difese cellulari.
Inoltre, modulano l’attività di uno dei principali regolatori metabolici, il peroxisome proliferator-activated receptor-gamma co activator 1 alfa (PGC-1α) (Figura 2). Così facendo le sirtuine aumentano le funzioni mitocondriali, l’ossidazione degli acidi grassi e la sensibilità all’insulina. Insomma, per semplificare, le sirtuine costituirebbero un nodo centrale nella regolazione del metabolismo energetico.
Quanto il resveratrolo sia realmente in grado d’interferire sulla regolazione dell’attività delle sirtuine nei mammiferi, in particolare nell’uomo, è ancora poco chiaro. Due studi, però, hanno sicuramente dimostrato la capacità di questa sostanza di migliorare la sensibilità all’insulina e di prevenire il diabete di tipo 2 attraverso un’azione mediata dalle sirtuine in modelli sperimentali animali (Baur JA et al. Nature, 2006; Lagouge M et al. Cell, 2006).
Anche il cioccolato è una fonte alimentare ricca in polifenoli, in particolare catechine.
In un recente studio, pazienti con moderata intolleranza al glucosio sono stati sottoposti ad una dieta contenente 100g/die di cioccolato fondente o di cioccolato bianco (privo di polifenoli) per 15 giorni, secondo un disegno sperimentale di tipo cross-over (Grassi D et al. J Nutr. 2008). Il consumo di cioccolato fondente, ricco di flavanoli, ha comportato la riduzione della pressione sia sistolica che diastolica (di circa 4 mmHg), del colesterolo totale ed LDL (-7%), della resistenza all’insulina ed il miglioramento della funzionalità delle cellule β del pancreas. Non sono state osservate, invece, variazioni in seguito al consumo di cioccolato bianco.
I risultati di questo studio indicano che l’assunzione quotidiana di cioccolato fondente può essere efficace nel controllo della pressione arteriosa e nella protezione dell’endotelio vasale. In conclusione innumerevoli spunti scientifici sembrano sostenere fortemente un potenziale ruolo benefico di alcuni polifenoli nel trattamento e nella prevenzione dei disturbi del metabolismo glucidico e del diabete di tipo 2.
Sebbene le ricerche condotte su modelli cellulari e animali siano estremamente promettenti, quelle condotte sull’uomo sono però ancora troppo poche e non definitive per sviluppare dei veri protocolli di impiego clinico di queste sostanze.
Giovanni Scapagnini
Biochimica Clinica,
Facoltà di Medicina,
Dip. Scienze per la Salute,
Università degli Studi del Molise
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