L’ivabradina, un farmaco bradicardizzante che inibisce le correnti pacemaker (If) nel nodo seno-atriale, secondo i dati presentati all’ESC 2014 del trial SIGNIFY (Effects of ivabradine in patients with stable coronary artery disease without heart failure), ha fallito nella riduzione dell’end point primario composito (morte per cause cardiovascolari o IMA - non fatale) versus il placebo (6.8% vs 6.4%, HR=1.08, p=0.20 ad un follow-up di 27.8 mesi) nei pazienti con coronaropatia (CAD) stabile senza segni e/o sintomi di scompenso quando aggiunta alla terapia consigliata dalle linee guida per ridurre la frequenza cardiaca (FC). Precedenti studi avevano mostrato che l’ivabradina migliora la prognosi nei pazienti con CAD, disfunzione ventricolare sinistra ed FC ≥70 bpm. 19.102 pazienti in 1.139 centri in 51 paesi con FC ≥70 bpm sono stati randomizzati ad ivabradina (n=9.550) o placebo (n=9.552)...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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