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I beta bloccanti nell’ipertensione arteriosa: c’è ancora un ruolo?

I beta bloccanti non sono tutti uguali e le nuove generazioni costituiscono una ottima scelta terapeutica soprattutto in determinate condizioni cliniche

Introduzione
I beta bloccanti sono tra i farmaci maggiormente utilizzati in numerose malattie cardiovascolari e non solo e in molte di queste hanno dimostrato di modificare sensibilmente la prognosi. Sebbene la loro introduzione nell’armamentario del cardiologo abbia inizialmente riguardato il trattamento dell’angina pectoris, ben presto il meccanismo di azione del farmaco e la sempre miglior conoscenza delle cause sottostanti alla patologia ipertensiva ne decretarono l’inclusione nei farmaci approvati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. Già nel 1969, infatti, il propanololo veniva proposto per la cura dei pazienti ipertesi. Inizialmente i farmaci della categoria beta bloccante vennero considerati estremamente promettenti come antiipertensivi, soprattutto perché il loro utilizzo era gravato da effetti collaterali molto meno penalizzanti rispetto alle altre categorie farmacologiche allora disponibili, quali i bloccanti gangliari, la gaunetidina o la metildopa. Successivamente, tuttavia, vennero alla luce nuove categorie farmacologiche, quali gli ACE inibitori, i bloccanti dei recettori dell’angiotensina II o i calcio antagonisti di elevata efficacia e con ottimi profili di tollerabilità. Da quel momento il ruolo dei beta bloccanti è stato sempre più criticato...continua a leggere

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