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Beta bloccanti e sepsi

La diminuzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra rappresenta un evento rilevante nell’evoluzione della sepsi e si verifica nel 50% circa dei pazienti con shock settico

Agli inizi del nuovo millennio la sepsi rappresenta ancora una sfida importante per ricercatori e clinici impegnati nella prevenzione, diagnosi e trattamento di una condizione clinica ad evoluzione spesso infausta, che mostra un incremento annuo di incidenza pari a circa il 9% ed una mortalità compresa tra il 25% ed il 60%. I numeri sono allarmanti: 26 milioni di persone colpite, un terzo delle quali va incontro a decesso. Nonostante i recenti progressi nel trattamento di questa devastante condizione, la mortalità e la morbilità restano inaccettabilmente elevate. Dati recenti suggeriscono che gli effetti β-bloccanti su metabolismo, omeostasi del glucosio, espressione di citochine e funzione miocardica possano rivelarsi utili nel contesto della sepsi. Sebbene il trattamento di una condizione potenzialmente ipotensiva con un farmaco con proprietà anti-ipertensive possa sembrare contraddittorio, le proprietà “immunomodulanti” dei β-bloccanti possono essere di ausilio, come già intuito negli anni 70 da Berk et al. I recettori β-adrenergici, infatti, hanno disposizione pressoché ubiquitaria nell’organismo. In particolare, i β1 sono espressi a livello cardiaco, ove esplicano effetto inotropo e cronotropo positivo, e renale, ove stimolano il rilascio della renina. Al...continua a leggere

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