L’efficacia del warfarin nella riduzione del rischio tromboembolico in pazienti con fibrillazione atriale (FA) è straordinariamente ben nota. Una metanalisi di studi clinici controllati condotti con warfarin contro placebo in pazienti con FA non valvolare ha dimostrato una riduzione del rischio di ictus cerebrale del 64%, dell’ictus ischemico del 67% e della mortalità da tutte le cause del 26% con warfarin rispetto al placebo.1 Tuttavia, alcuni studi clinici e sperimentali condotti negli ultimi anni hanno evidenziato che il warfarin, accanto all’effetto anticoagulante secondario all’inibizione della sintesi dei fattori II, VII, IX e X a livello epatico, potrebbe indurre fenomeni avversi, consistenti in processi di calcificazione della parete arteriosa in vari organi, con conseguenze cliniche potenzialmente importanti. In particolare, vi sono dimostrazioni che il warfarin può indurre calcificazioni delle arterie renali e delle arterie coronarie, addirittura favorendo l’instabilizzazione della placca. E’ stato ipotizzato che un possibile meccanismo aggiuntivo del danno renale da warfarin potrebbe consistere in episodici fenomeni emorragici a livello glomerulare. Per comprendere...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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