Numerosi studi e in particolare diversi trials multicentrici hanno consacrato l’utilizzo della terapia beta bloccante come caposaldo irrinunciabile nel trattamento dello scompenso cardiaco cronico. Ciò grazie all’evidenza di un marcato incremento della sopravvivenza correlato al loro utilizzo, con una riduzione della mortalità che nel complesso si può stimare attestarsi intorno al 35%. Benchè le sottoanalisi eseguite nei singoli trials suggeriscano che l’efficacia del trattamento sia mantenuta anche in diversi sottogruppi, divisi per esempio in base all’età, al sesso o all’entità della disfunzione ventricolare sinistra, è stato sollevato qualche dubbio sulla correttezza di estendere i risultati a sottogruppi spesso sottorappresentati, come le donne, gli anziani o i pazienti in fibrillazione atriale.
Analisi successive hanno evidenziato come l’efficacia del trattamento beta bloccante fosse direttamente correlato alla riduzione della frequenza cardiaca indotta dalla terapia. Se la relazione tra frequenza cardiaca e sopravvivenza nello scompenso cardiaco è piuttosto evidente, però, nei pazienti in ritmo sinusale, una simile relazione appare assi più dubbia nei...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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