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Sindrome bradi-tachi e incidenza di ictus

Prevenzione con terapia anticoagulante irrinunciabile ma capiamone di più...

Nel 1954, il Dott. D.S. Short1 pubblicava sul British Heart Journal un report dal titolo “The syndrome alternating bradycardia and tachycardia” identificando, per la prima volta, in 4 pazienti che soffrivano di attacchi sincopali, la causa del disturbo nell’alternanza di una bradicardia sinusale con fasi di una tachicardia che egli definì “auricolare”. Oggi, quella tachicardia è più comunemente denominata sopraventricolare e consiste spesso in un flutter (FLA) e/o in una fibrillazione atriale (FA). L’autore, sia durante la bradicardia che all’improvviso sblocco della tachicardia, aveva osservato, quale causa delle sincopi, prolungate pause da 'standstill' del nodo del seno. E’ interessante notare che, nella originale descrizione di Short, i parossismi di tachicardia avevano una durata variabile da minuti a mesi. Ciascun paziente aveva attacchi di durata variabile da 1 mese a 1 anno. In un follow-up di quasi 5 anni, palpitazioni, capogiri e transitorie perdite di coscienza fino a veri e propri attacchi di Stokes-Adams si manifestavano in tutti e quattro i pazienti e uno andava incontro a infarto cerebrale, di probabile origine embolica. Quindi, nonostante il limitatissimo numero di casi osservati, l’autore aveva già identificato due aspetti della sindrome bradi-tachi molto attuali, quali 1) la...continua a leggere

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