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L'Ivabradina riduce il rischio di ri-accessi ospedalieri per scompenso cardiaco, nel periodo post-dimissione "vulnerabile"
Fonte: European heart failure 2016 - Scientific Session.

I pazienti con insufficienza cardiaca trattati con l’ivabradina, allo scopo di ridurre la frequenza cardiaca mostrano una significativa riduzione del rischio di ri-accessi in ospedale durante 'periodo vulnerabile', di alto rischio, subito dopo la dimissione: l'analisi dei dati degli studi presentati all’HFA congress 2016 (21-24 maggio, Firenze) confermano quanto suddetto. Lo studio SHIFT (Systolic heart failure treatment with the If inhibitor ivabradine Trial) ha incluso più di 6.500 pazienti con insufficienza cardiaca mostrando che la l’inibizione selettiva del nodo del seno riduce in modo significativo le reospedalizzazioni rispetto al placebo, in un rapporto di rischio di 0,74 (p <0,0001). [1] Tuttavia, le percentuali di riammissione sono particolarmente elevate subito dopo la dimissione, di circa il 15% a 1 mese e il 30% a 3 mesi dopo la dimissione. Per il Prof.Michel Komajda (Ospedale Pitié-Salpetriere, Università Pierre e Marie Curie di Parigi, Francia), che ha presentato tale analisi, questo cosiddetto periodo vulnerabile rappresenta un "grave problema clinico". Per determinare se l'ivabradina ha un impatto sui ricoveri solo dopo la dimissione, il Prof. Komajda ed il suo fellow hanno condotto uno studio post-hoc dei dati di SHIFT, ponendo particolare attenzione a tutte le cause di ricovero fino a 3 mesi dopo il ricovero iniziale per peggioramento dell'insufficienza cardiaca. Durante il...continua a leggere

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