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Coagulazione e ictus cerebrale

Focus sulla complessa e controversa relazione fra i più noti disordini della coagulazione ereditari o acquisiti e la predisposizione individuale allo sviluppo di ictus cerebrale.

L’ictus cerebrale ischemico rappresenta la terza causa di morte, dopo le cardiopatie e il cancro, e la principale causa di invalidità a lungo termine nel mondo. In Italia colpisce più di 200.000 persone ogni anno, con una incidenza più alta nei soggetti con età maggiore di 65 anni (66% dei casi), principalmente a causa della comparsa/accumulo dei fattori di rischio ad essa correlati. Nonostante la forte prevalenza negli individui anziani, l’ictus cerebrale viene sempre più spesso diagnosticato nei giovani, con una media di 7-11 casi ogni 100.000 individui di età inferiore a 55 anni [1], ed è inoltre una condizione sempre più riconosciuta nel periodo neonatale, con una incidenza di 1 ogni 4000 nati vivi, anche se, recentemente, sono stati registrati dei tassi più elevati. La prevenzione, mediante l’individuazione dei fattori di rischio che possono essere monitorati e corretti (i.e.: ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e fumo), rimane l’approccio più efficiente per ridurre l’impatto che questa patologia ha sulla salute personale e pubblica, anche se non ne azzera il rischio. Questo ha portato alla ricerca di altri indicatori di rischio indipendenti, fra cui le condizioni trombofiliche ereditarie e acquisite, inclusi i deficit di proteina C (PC), proteina S e...continua a leggere

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