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Prevenzione dell’ictus tromboembolico in FA: quando le esigenze cliniche dello stesso paziente cambiano nel tempo

MB è un pz classe 1939 con diagnosi di cardiomiopatia cronica ostruttiva risalente a molti anni prima. Il pz non ha fattori di rischio per lo sviluppo di aterosclerosi e viene inserito nell’ambulatorio per diagnosi e cura della cardiomiopatia ipertrofica che, nel nostro Centro, è attivo da molti anni. Dal 1997 alcuni episodi di fibrillazione atriale parossistica rendono necessaria terapia anticoagulante orale con inibitori della vitamina K. Nel 2006 il pz viene anche sottoposto ad impianto di defibrillatore monocamerale in prevenzione primaria, per il rischio di morte improvvisa legato all’evoluzione della patologia di base. Nonostante alcuni episodi di epistassi, il pz continua la terapia anticoagulante per diversi anni, fino ad un episodio di ematoma subdurale nel 2011. Il pz viene sottoposto ad intervento di rimozione dell’ematoma che, fortunamente, non lascia reliquati clinici significativi. Si pone, a questo punto, il problema della terapia anticoagulante orale: continuare o ricorrere ad altre strategie?
In assenza della disponibilità degli anticoagulanti diretti (il primo disponibile in Italia è stato Dabigatran nel 2013), abbiamo optato per una occlusione percutanea dell’auricola sinistra che il pz ha praticato nell’ottobre del 2011. Dopo aver effettuato la puntura transettale (video...continua a leggere

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