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Il decalogo per la gestione della fibrillazione atriale in epoca COVID-19

L’enorme diffusione dell’infezione da COVID-19 ha comportato una serie di sfide anche nella gestione della fibrillazione atriale. Sia per i pazienti con fibrillazione atriale già nota, sia per coloro, e non sono pochi, che sviluppano quest’aritmia durante l’infezione.Di seguito i 10 punti essenziali per gestire correttamente la fibrillazione atriale durante l’attuale pandemia. 

Nei pazienti con COVID-19, la FA è presente in circa 1/4 dei casi ed è un fattore prognostico sfavorevole, probabilmente più come marker di cardiopatia e comorbidità importanti che per la presenza di FA per sé. Sia la triade febbre-ipossia-ipertono adrenergico, che caratterizza la “fase virale” della malattia, sia a maggior ragione la polmonite (che può accompagnarsi ad ipossia e acidosi) e l’ARDS (Sindrome da distress respiratorio acuto) che caratterizzano la “fase infiammatoria”, scatenata dalla tempesta citochinica, possono favorire nuovi casi di FA con un’incidenza dal 10 al 30%. Nel caso vi sia un’instabilità emodinamica, il trattamento d’elezione rimane la cardioversione elettrica; nel caso vi sia una insufficienza respiratoria grave, è possibile che la cardioversione non sia efficace o si accompagni ad un alto tasso di recidive precoci.  Nei pazienti in corso di terapia anticoagulante, con DOACs o VKA, la diagnosi di positività...continua a leggere
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