La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia di più frequente riscontro nei paesi industrializzati. La sua prevalenza è maggiore nei maschi ed aumenta con l’età, tanto da poter considerare la FA come l’aritmia tipica dell’anziano. Di Carlo et al. hanno condotto in Italia, nel 2016, uno studio in cui 4.528 soggetti di età >65 anni sono stati sottoposti ad uno screening opportunistico e sistematico seguito da una conferma con elettrocardiografica, per la ricerca di FA1. La prevalenza dell’aritmia era il 7,3% con una stima di incremento nel tempo fino al 14% nel 2060. Il fattore aggravante è, inoltre, rappresentato dal fatto che i pazienti anziani presentano molto spesso altre patologie associate alla FA, che complicano non poco la gestione dell’aritmia. I pazienti di età >75 anni hanno tre o più patologie associate nel 30% dei casi e la percentuale sale quasi al 40% nei soggetti di età >80 anni. L’unica terapia che ha dimostrato di poter impattare significativamente sulla sopravvivenza dei pazienti con FA è la terapia anticoagulante2, ma il paziente anziano e fragile è quello che più spesso non riceve questa terapia, pur avendone indicazione. Solo il 50% di questa popolazione viene trattata3. Gli studi registrativi sugli anticoagulanti diretti (DOACs) – Apixaban, Dabigatran, Edoxaban, Rivaroxaban - hanno incluso complessivamente quasi 72.000 pazienti ed hanno dimostrato la non-inferiorità in merito all’incidenza dell’end-point primario...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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