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Ipertrigliceridemia e rischio cardiovascolare: il ruolo dei PUFA n-3

L’ipertrigliceridemia è una condizione caratterizzata dalla presenza di elevati livelli plasmatici di trigliceridi, caratteristicamente superiori a 150-175 mg/dL a digiuno. Alla base di questa dislipidemia vi è l’accumulo in circolo di lipoproteine ricche in trigliceridi (TGRL), sostenuto da un eccesso di produzione di TGRL, da una loro ridotta clearance od ancora da una combinazione di questi meccanismi. Le alterazioni del metabolismo delle TGRL spesso riconoscono una base secondaria, ovvero sono causate da stili di vita impropri (es. sedentarietà, diete ipercaloriche, abuso alcolico), patologie che direttamente o indirettamente interferiscono con le vie metaboliche di sintesi, rimodellamento e rimozione delle TGRL (es. obesità, sindrome metabolica, diabete, nefropatie, ipotiroidismo, epatopatie, malattie infiammatorie) e farmaci (es. corticosteroidi, ormoni, anti-retrovirali, immunosoppressori, ecc.). Esistono numerose forme primitive di ipertrigliceridemia, su base mono- o multi-genica, responsabili di incrementi della trigliceridemia moderati (generalmente compresi tra 175-800 mg/dL: es. ipertrigliceridemia poligenica, iperlipemia familiare combinata, disbetalipoproteinemia) o assai marcati (generalmente >800 mg/dL: es. chilomicronemia monogenica, chilomicronemia poligenica) (1).
L’importanza clinico-epidemiologica dell’ipertrigliceridemia risiede -innanzitutto- nel fatto che, oltre ad essere una condizione...continua a leggere

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