Nei pazienti con ipertensione (IA), il danno d'organo aumenta il rischio cardiovascolare, indipendentemente dai valori di pressione sanguigna (PA). Tuttavia, il trattamento dell’ipertensione è essenzialmente mirato all’abbassamento della PA e, come dimostrano la maggior parte (ma non tutti) degli studi, ciò determina una riduzione delle complicanze cardiovascolari e renali. Pochissimi studi hanno testato se la riduzione del danno d'organo dovuto all’ipertensione comporti la riduzione del rischio cardiovascolare e delle complicanze renali oltre alla riduzione della PA. Questi studi si sono concentrati principalmente sulla regressione dell’ipertrofia del ventricolo sinistro (LVH) misurata mediante ECG o ecocardiografia e sulla riduzione dell’escrezione dell'albumina urinaria. Pertanto, LVH e, in misura minore, l’escrezione dell’albumina urinaria possono essere qualificati come endpoints surrogati. Se la stiffness arteriosa possa essere un valido endpoint surrogato per le malattie cardiovascolari, non è mai stato dimostrato direttamente nei trial clinici controllati. La rigidità arteriosa è la caratteristica clinica più tipica del processo d’invecchiamento del sistema arterioso. La rigidità arteriosa aumenta anche con l’ipertensione e corrisponde alla perdita della compliance arteriosa delle grandi arterie. Le grandi arterie rigide insufficientemente attutiscono la pulsatilità dell’eiezione ventricolare, così...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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