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Lunga vita al Re

Le nuove tecnologie permettono una stimolazione cardiaca sempre più fisiologica, allungando la longevità dei dispositivi.

I primi dispositivi per la stimolazione cardiaca videro la luce all’inizio degli anni ’60. Le possibilità offerte dalla tecnologia dell’epoca, unitamente ad una scarsa conoscenza delle interazioni tra stimolazione erogata artificialmente e funzionalità cardiaca ed al giustificato entusiasmo per le nuove possibilità offerte dalla terapia elettrica nel trattamento dei disturbi di conduzione, focalizzarono le attenzioni sulla possibilità di attivare la depolarizzazione ventricolare tramite un impulso elettrico generato esternamente. Il funzionamento dei primi dispositivi, infatti, interessava una sola delle due camere cardiache, nello specifico il ventricolo destro, comportando tale modalità di funzionamento la possibilità di dissociazione atrio-ventricolare, rigurgito valvolare e disfunzioni sistoliche. Successivamente, con la realizzazione, negli anni ’70, dei primi dispositivi bicamerali funzionanti in modalità DDD, è stato possibile correlare l’attività atriale all’attività ventricolare. Il ripristino, seppur artificiale, del sincronismo atrio-ventricolare ha dato una prima risposta alla mancata fisiologicità conseguente all’impianto di pacemaker. L’apparente tranquillità fornita dall’introduzione del secondo...continua a leggere

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