È ormai largamente dimostrato che l’utilizzo di antagonisti dell’aldosterone rappresenta una fondamentale strategia terapeutica in pazienti con scompenso cardiaco. Un’intera sessione del 20o Congresso della American Society of Hypertension, svoltosi lo scorso mese di Maggio a San Francisco in California, è stato dedicato a nuove prospettive di impiego degli antagonisti dell’aldosterone. I meccanismi attraverso i quali l’utilizzo di antagonisti dell’aldosterone possono influenzare positivamente la progressione del danno renale nelle nefropatie croniche sono complessi ed in larga misura ancora poco noti. L’aldosterone, ormone sintetizzato nella zona glomerulosa del surrene, esercita un’azione mineralcorticoide fondamentale per il mantenimento dell’omeostasi elettrolitica, che si realizza attraverso il suo legame con recettori mineralcorticoidi (MR) a livello del tessuto epiteliale del rene, del colon e delle ghiandole sudorifere. Il risultato di questa azione è sostanzialmente quello di indurre una ritenzione del Na+ ed una eliminazione del K+. Più recentemente numerose evidenze hanno dimostrato la capacità dell’aldosterone di legarsi agli MR in tessuti non epiteliali di vari altri organi quali il cuore, il...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
VISUALIZZA VERSIONE COMPLETA