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Un “ictus” per la cardiologia

Lo studio olandese sulle sindromi coronariche acute non-ST suggerisce che una valutazione clinica precoce e preventiva sia preferibile ad un approccio emodinamico indifferenziato

Pur in assenza di chiari dati sulla efficacia della terapia interventistica nei pazienti con angina cronica stabile la Cardiologia moderna sembra muoversi nella direzione della riduzione angiografica dell’ostruzione coronarica sempre e comunque. Sebbene i dati disponibili in letteratura limitino l’efficacia della terapia interventistica nell’infarto miocardico acuto alle primissime ore dall’esordio dei sintomi, una quantità sempre maggiore di pazienti viene trasferita in emodinamica per ricevere un’angioplastica primaria in tempi precoronarici non prevedibili che, in molti casi, negano al paziente un tempestivo trattamento con i trombolitici. Una recente survey dell’American Heart Association, infatti, ha evidenziato che solo il 30% dei pazienti trasferiti dai centri perifirici a quelli di terzo livello giungono in tempo utile per ricevere una angioplastica primaria. D’altro canto, l’efficacia della terapia interventistica nei pazienti con angina instabile o infarto non Q sembrava essere indubbia alla luce di numerose estrapolazioni di dati da studi che includevano anche pazienti con queste patologie o da studi condotti esclusivamente su pazienti con sindromi coronariche acute. Pertanto,...continua a leggere

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