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Il problema del rischio cardiovascolare nel paziente nefropatico è largamente sottostimato. Ancora basso l’impiego di farmaci cardioprotettivi nell’insufficienza renale. 

Nonostante nella popolazione generale l’incidenza delle malattie cardiovascolari sia andata progressivamente diminuendo nel corso degli anni, esse rappresentano ancora la principale causa di malattia e morte nei soggetti affetti da insufficienza renale terminale (End Stage Renal Disease, ESRD), indipendentemente dalla causa di quest’ultima. Le malattie cardiovascolari, infatti, sono responsabili del 60% della morbosità e del 44% della mortalità nei pazienti nefropatici gravi e tale aspetto è confermato anche in presenza di una condizione di insufficienza renale cronica di grado meno severo. Una nefropatia lieve comporta, comunque, un aumento del rischio di sviluppare una complicanza cardiovascolare, cerebrovascolare o vascolare periferica (Figura 1), la cui probabilità aumenta parallelamente alla progressione della insufficienza renale verso le forme più gravi. Negli ultimi anni, inoltre, numerosi studi clinici hanno evidenziato un ruolo prognostico negativo per la microalbuminuria (escrezione di albumina compresa tra 30 e 300 mg/24 ore) e per la proteinuria. Entrambi i parametri vengono attualmente considerati come markers di malattia cardiovascolare...continua a leggere

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