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Cardiomiopatia da chemioterapici:

Disfunzione diastolica misurata con tecnica Doppler Tissutale e dosaggio di BNP stanno emergendo quali accurati markers di cardiotossicità subclinica. Necessario l’aggiornamento delle Linee Guida. 

La terapia oncologica attuale si avvale di nuovi chemioterapici (CT), impiegati sia singolarmente che in associazione, per la patologia neoplastica primaria e/o adiuvante (alla chirurgia, al trapianto di midollo) oltre che in fase metastatica, sia nei tumori solidi (mammella, polmone, intestino) che ematologici (leucemie e linfomi). La prognosi “a 5-anni”, favorevole in numerosi di questi quadri clinici (mediamente dell’80%), espone però al rischio di cardiotossicità cronica da parte dei CT, tale da portare, anche dopo mesi o anni, allo sviluppo di una cardiomiopatia a prognosi molto più sfavorevole della stessa neoplasia (circa 50% di mortalità a 5 anni). Da qui il dilemma etico di poter procurare un rischio di malattia anche peggiore di quella per cui tale terapia viene effettuata. I farmaci responsabili sono, oltre alle note antracicline e derivati, la ciclofosfamide ad alte dosi, il trastuzumab e i taxani, spesso usati in associazione temporale o sequenziale tra loro, il che aggiunge ulteriore tossicità “cumulativa” a quella di ogni singolo farmaco. L’esempio più eclatante è l’uso del trastuzumab (Herceptin®): quando...continua a leggere

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