Bel “Clinician Update”ad opera di Golghaber sul management dell’embolia polmonare submassiva. Il tromboembolismo venoso è il terzo più comune disordine cardiovascolare dopo l’infarto miocardico e lo stroke, con una mortalità che supera il 15% nei primi tre mesi post-diagnosi. La morte sopravviene per lo più per deterioramento della funzione ventricolare destra ed i sopravvissuti ad una embolia polmonare acuta rimangono a rischio di sviluppare un'ipertensione polmonare cronica tromboembolica. I pazienti che all’esordio della patologia hanno normale pressione arteriosa e una conservata funzione ventricolare destra hanno generalmente una prognosi eccellente, al contrario dei pazienti che si presentano con shock cardiogeno, sincope, ipotensione o arresto cardiaco. Pazienti normotesi con concomitante disfunzione ventricolare destra sono generalmente a rischio di eventi avversi e tale entità clinica è appunto definita come embolia polmonare sub massiva. L’aumento delle proteine cardiospecifiche (In particolare della troponina) e del BNP in tale setting di pazienti, conferisce un fattore aggiuntivo di rischio e una prognosi sfavorevole. L’aspetto forse più dibattuto nell’embolia polmonare sub massiva rimane tuttavia il trattamento in acuto. Ancora dubbi, stando in particolare anche alle Linee Guida sull’argomento, rimangono sull’utilità della terapia fibrinolitica. In effetti, l’American...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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