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Ivabradina e beta bloccante: nello scompenso si cambia "ritmo"!!
Fonte: Congresso SIC 2010.

Nuove evidenze nella gestione terapeutica dello scompenso cardiaco e della coronaropatia sono state presentate durante il congresso SIC 2010. Il focus è stato sulle nuove evidenze provenienti dallo studio SHIFT, presentate da Luigi Tavazzi, in cui è stato possibile osservare come il trattamento con ivabradina di 6.558 soggetti con scompenso cardiaco in classe NYHA II (50%) e III-IV (50%), con FE inferiore a 35% e con una ospedalizzazione per scompenso nell'anno precedente, ha mostrato un beneficio aggiuntivo alla optimal therapy del 18% sull'end point principale combinato di morte cardiovascolare + ospedalizzazione per scompenso. Significative le differenze tra ivabradina e placebo anche sulle morti per scompenso (-26%) e sull'ospedalizzazione per scompenso (-26%). Se si pensa, come emerge dai principali registri sull'insufficienza cardiaca a livello europeo, che oltre metà dei pazienti scompensati mantiene una FC maggiore di 70 bpm nonostante siano per la maggior parte in terapia con beta bloccanti il beneficio potenziale di ivabradina è enorme. Risulta chiaro dalla metanalisi di McCalister che la mortalità nello scompenso è funzione della riduzione della FC ma, come emerge anche dallo studio SHIFT, sia l'impiego del beta bloccante che, soprattutto, il dosaggio non raggiungono quasi mai il livello ottimale. Esiste un problema grave, quindi, che deve essere affrontato per ridurre la mortalità nello scompenso. Ferrari,...continua a leggere

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