Ogni anno, in Italia, nascono circa 5.000 neonati affetti da una forma moderato-severa di cardiopatia. A lato delle ben note complicanze di natura ovviamente emodinamica, tali cardiopatie sono però anche combinate ad altre problematiche relative allo stato relazionale, particolarmente importante durante l’età scolare, alla crescita armonica e altro. Nel contesto di questa dizione (“altro”), aritmie e “morte aritmica” rappresentano delle evenienze tutt’altro che rare, tanto “in culla” quanto durante l’età evolutiva vera e propria. In tale ambito, la cardiomiopatia ipertrofica clinicamente manifesta è, purtroppo, la più frequente causa di morte improvvisa nell’infanzia. Essa, in particolare, presenta una mortalità significativamente più alta nella fascia di età compresa tra gli 8 e i 16 anni rispetto a quella compresa tra i 17 e i 30 anni. A tale proposito, una determinata combinazione di “fattori di rischio elettrocardiografici” (somma dei voltaggi delle derivazioni agli arti >10 mV) e/o uno spessore della parete settale >190% dei limiti superiori di normalità per età (z-score >3,72) definisce il paziente pediatrico come ad alto rischio per morte improvvisa. Nella stessa direzione l’anamnesi positiva per sincope, l’attenuata risposta pressoria all’esercizio, la tachicardia ventricolare non sostenuta ed, infine, una storia familiare positiva...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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