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Doppio rischio

Ipercolesterolemia e nefropatia insieme potenziano il rischio cardiovascolare. Chiave la scelta terapeutica ipocolesterolemizzante. 

Chi si è impegnato a contare quanti siano i fattori indipendenti di rischio cardiovascolare è arrivato a superare di gran lunga il numero di cento. Considerando solo quelli modificabili, tuttavia, il ruolo svolto da questi “nuovi” fattori di rischio, che non siano cioè l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, il fumo di sigaretta, l’obesità viscerale e l’aumento della colesterolemia LDL più o meno combinato ad una riduzione della colesterolemia HDL, è però generalmente molto modesto. Ciò con la quasi unica eccezione di un fattore di rischio cardiovascolare in realtà noto da sempre, ma per lunghissimi anni a torto non considerato come tale dalla maggior parte dei clinici: la compromissione della funzione renale. Il rene, infatti, influenza in modo estremamente marcato la prognosi cardiovascolare individuale, in presenza anche di solo una modesta compromissione della sua funzione (Figura 1). Nel Norwegian Population Study, la presenza della sola microproteinuria (UACR > 6.7 µg/mg) aumentava la mortalità totale nella popolazione generale di 2.4 volte (IC 95% 1.1-5.2). In uno studio olandese condotto da Hillege et al in 40.548 soggetti tratti dalla popolazione...continua a leggere

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