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LIMITE DI VELOCITA’... 70 bpm

La frequenza cardiaca come obiettivo terapeutico nella coronaropatia stabile. Ivabradina, on top della terapia antischemica, riduce il rischio cardiovascolare.

La frequenza cardiaca è una delle funzioni vitali, insieme alla temperatura corporea, la pressione sanguigna ed il ritmo respiratorio e, negli ultimi anni, è stata oggetto di studi che hanno condotto a considerarla, sempre più ampiamente, un fattore di rischio di mortalità, assumendo lo stesso peso dell’ipertensione e della bassa funzionalità cardio-respiratoria. Nel corso degli ultimi venti anni, infatti, numerosi studi epidemiologici retrospettivi hanno esaminato la relazione tra il valore della frequenza cardiaca ed il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari in “popolazioni generali”, senza malattia cardiovascolare nota. Il risultato è stato che il rischio di morte aumenta in relazione all’aumentare della frequenza cardiaca a riposo. La relazione tra frequenza cardiaca e mortalità è ancora più stretta nei pazienti con patologia coronarica ed il contributo prognostico negativo dell’aumentata frequenza cardiaca è stato osservato sia in fase d’instabilità sia di stabilità clinica: la frequenza cardiaca elevata non è solo un induttore di ischemia, ma può anche predisporre alla rottura di una placca aterosclerotica e, di conseguenza, alla comparsa di eventi acuti coronarici...continua a leggere

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