Nella diagnosi di cardiopatia ischemica esistono ormai una quantità di indagini la cui sensibilità, confrontata con la coronarografia, che costituisce un vero e proprio standard anatomico, è variabile dal 44% al 91%, con una specificità che va dal 31% al 97% (vedi tabella). In questo contesto l’accuratezza diagnostica e quindi l’aspettativa di escludere od affermare una determinata condizione patologica “con certezza relativa” è purtroppo molto variabile e, talvolta, imprevedibile. Il problema, perciò, non è di disporre di tecniche diagnostiche nuove sempre più evolute, ma il poter disporre di apparecchiature di semplice impiego che possano rivelare un maggior numero di informazioni, relegando le metodologie più sofisticate e costose ai quadri patologici più impegnativi. Il miglioramento delle nostre conoscenze post-test è funzione della specificità e della sensibilità della metodica impiegata. Non esistendo test diagnostici del tutto accurati, cioè specifici e sensibili al 100%, si verificano situazioni estreme che si riscontrano comunemente quando si voglia, per esempio, escludere una certa patologia. In presenza di una bassa probabilità pre-test di malattia (come nel caso di dolore precordiale...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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