Il buon controllo della frequenza ventricolare, forse non esageratamente “stretto”, è un’ottima strategia terapeutica in pazienti affetti da fibrillazione atriale. È ormai chiaro, tuttavia, che i pazienti non rispondono in modo omogeneo alla terapia farmacologica. Esiste, di fatto, una risposta individuale, che dipende anche da caratteristiche genotipiche del singolo paziente. In questo contesto, alcuni ricercatori del Tennessee hanno studiato il ruolo di due comuni polimorfismi del recettore β1 adrenergico (G389R e S49G) nel modulare la risposta alla terapia beta-bloccante nella fibrillazione atriale. Sono stati arruolati 543 pazienti fibrillanti, classificati come “responder” o “non responder” in base ai criteri dello studio AFFIRM (Atrial Fibrillation Follow-Up Investigation of Rhythm Management) [frequenza cardiaca media ≤ 80 bpm e frequenza cardiaca massima dopo test dei...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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