La terapia di resincronizzazione cardiaca (cardiac resynchronization therapy, CRT) rappresenta un’opzione terapeutica oramai consolidata in pazienti affetti da scompenso cardiaco, come codificato dalle più recenti linee guida ESC ed ACCF/AHA/HRS. Essa migliora i sintomi, diminuisce le ospedalizzazioni e la mortalità per cause cardiache grazie a molteplici effetti quali inversione del rimodellamento ventricolare, miglioramento della frazione di eiezione e della funzione diastolica e riduzione dell’insufficienza mitralica. Inoltre, è stato dimostrato come la CRT sia in grado di intervenire in modo sostanziale sulla biologia molecolare e cellulare del cuore insufficiente, riducendo drasticamente sia l’espressione del tumor necrosis factor-alpha (TNF-alpha) che l’apoptosi nei cardiomiociti. Il successo della terapia resincronizzante è, tuttavia, spesso influenzato dalla sottostante eziologia dello scompenso cardiaco. Nella cardiopatia ischemica, in cui la fibrosi ha generalmente distribuzione sub-endocardica o transmurale sulla base dei territori irrorati dalle arterie coronarie, la peggior prognosi è collegata sia all’estensione sia alla localizzazione della cicatrice fibrotica. Nella cardiopatia dilatativa non-ischemica, invece, la fibrosi ha distribuzione irregolare ed è tendenzialmente subepicardica o mesocardica; la fibrosi reattiva, che compare e progredisce nel cuore scompensato, è efficacemente trattata dall’azione della CRT che ne determina...continua a leggere
ABSTRACT SEMPLIFICATO DEI CONTENUTI DI CARDIOLINK SCIENTIFIC NEWS
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