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QUANDO USARE I NITRATI NELLO SCOMPENSO CARDIACO?

Una domanda con tante risposte..

Lo scompenso cardiaco (SC) affligge almeno il 2-3% degli abitanti dei paesi occidentali. La sua prevalenza è inesorabilmente destinata ad incrementare in considerazione dell’invecchiamento della popolazione, della maggiore sopravvivenza dei pazienti affetti da cardiopatia ischemica e, infine, delle migliorate opportunità diagnostiche. In pazienti ospedalizzati per SC, la mortalità ospedaliera varia dal 4 al 9%, con una mortalità post-dimissione, a 6-12 mesi, del 9-15% ed un tasso di re-ospedalizzazione del 30-45%. Pertanto, lo SC rappresenta, di diritto, un’emergenza socio-sanitaria con preoccupanti prognosi quoad vitam e quoad valetudinem (Figura 1). I vasodilatatori, in tale ambito, rappresentano un cardine nella terapia dello scompenso cardiaco. All’interno di quest’ampia categoria di farmaci, i nitrati vasodilatatori sono ampiamente utilizzati nella pratica clinica. Essi costituiscono un’eterogenea classe di molecole in grado di donare monossido d’azoto che include nitrati sia organici (i.e. nitroglicerina), che inorganici (i.e. sodio nitroprussiato). Nelle cellule muscolari lisce dei vasi i nitrati organici, attraverso la via della guanilato ciclasi, provocano riduzione dei livelli intracellulare di calcio (Figura 2). Ciò determina vasodilatazione veno-arteriosa ed induce una riduzione sostanziale delle pressioni di riempimento ventricolare, della resistenza vascolare sistemica e polmonare, e della pressione...continua a leggere
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