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CICLONE SHIFT |
I risultati dello studio SHIFT si abbattono sull’ESC di Stoccolma. Ivabradina si dimostra efficace anche nello scompenso cardiaco.Se ci fossero stati ancora dubbi, Stoccolma li ha dissipati in un attimo. Il congresso annuale della European Society of Cardiology ha ribadito il ruolo di leader mondiale dell’ESC nell’aggiornamento scientifico cardiologico. Al di là della partecipazione sempre elevata, al punto da mettere in pesante crisi la ricettività alberghiera svedese, il programma scientifico e l’organizzazione hanno dato vita ad uno show cardiologico veramente notevole. Dominio assoluto della scena da parte dei dati dello studio SHIFT (Systolic Heart Failure Treatment with the If inhibitor Ivabradine Trial) con ivabradina che è stato l’unico studio degli ultimi anni a dimostrare una chiara ed importante riduzionedell’end point composito di mortalità ed ospedalizzazione per scompenso cardiaco ed una riduzione del 26% della mortalità per scompenso cardiaco e di simile entità per quanto riguarda la necessità di ospedalizzazione per scompenso. I dati dello studio SHIFT sono di particolare importanza in quanto ottenuti in pazienti in terapia medica massimale e mai trattati così aggressivamente in trial precedenti. I risultati di tale studio comporteranno sicuramente una revisione delle indicazioni del farmaco ponendolo in una posizione prioritaria nella attuale terapia cardiovascolare della cardiopatia ischemica e dello scompenso cardiaco. I risultati dello SHIFT sono trattati nell’articolo SCOMPENSO: SHIFT SALVAVITA e nel FOCUS ON SHIFT scaricabile da qui. Oltre al boato dei risultati dello SHIFT, all’ESC di Stoccolma sono state presentate quattro nuove Practice Guideline su: cardiopatie congenite dell’adulto, rivascolarizzazione miocardica, fibrillazione atriale ed uso della resincronizzazione miocardica nello scompenso. Poche modifiche sono state apportate alla diagnostica e terapia delle cardiopatie congenite ove, invece, sono state implementate le raccomandazioni sull’esercizio e in gravidanza. In assenza di dati che dimostrino una efficacia del trattamento percutaneo della cardiopatia ischemica sugli eventi cardiovascolari a lungo termine, le Linee Guida sulla rivascolarizzazione focalizzano le diverse evidenze che vi sono tra trattamento chirurgico e percutaneo e pongono l’accento sull’importanza anatomica coronarica e sulla situazione clinica nel processo di decision making.In ogni caso, le Linee Guida sono abbastanza chiare nell’evidenziare che la rivascolarizzazione chirurgica rimane il trattamento di scelta per ridurre gli eventi cardiovascolari nel paziente con malattia coronarica stabile che necessiti di rivascolarizzazione. Le Linee Guida sulla fibrillazione atriale sono state implementate nella parte relativa alla terapia antiaritmica, con l’introduzione del dronedarone mentre sono state troppo precipitose nell’indicare la possibilità di uso di farmaci alternativi alla anticoagulazione orale in assenza di approvazione dei nuovi farmaci da parte della Agenzia Europea del Farmaco.In maniera simile, a molti Cardiologi, è sembrato troppo precipitoso il suggerire l’impianto della resincronizzazione in pazienti asintomatici con scompenso nelle Linee Guida sull’uso di tale metodica nello scompenso cardiaco. Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, lo studio Alpha OMEGA, che ha valutato l’aggiunta di margarina contenente basse dosi di acidi grassi omega-3 alla terapia medica standard in 4.837 pazienti post-infartuati, trattati per 40 mesi, ha dimostrato l’inefficacia di tale trattamento nel ridurre gli eventi cardiovascolari. I dati di questo studio dimostrano chiaramente che l’utilizzo di basse dosi di omega-3 non influenza gli eventi cadiovascolari e che il loro uso non apporta benefici addizionali ad una corretta terapia medica. In futuro sarebbe importante avere studi simili per quei prodotti alimentari molto pubblicizzati in Italia che suggeriscono un effetto benefico cardiovascolare sulla base di dati molto dubbi sui livelli di colesterolo. Sempre in tema di prevenzione secondaria, lo studio Kyoto Heart, presentato dal Prof. Hiroaki Matsubara dell’Università di Kyoto, ha dimostrato un effetto della terapia con valsartan, da solo od in associazione alla terapia con calcio-antagonisti, al di là della riduzione pressoria, sugli eventi cardio- e cerebro-vascolari in pazienti ipertesi ad alto rischio. Il KYOTO Heart Study è uno studio multicentrico, randomizzato, condotto in 3.031 pazienti giapponesi ad alto rischio con ipertensione non controllata. Rispetto ad una terapia che non includeva sartani, valsartan è risultato più efficace sia in prevenzione primaria che in prevenzione secondaria (Figura 1). Una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari si è ottenuta nei pazienti che hanno ricevuto un calcio-antagonista in associazione al valsartan rispetto ai pazienti che hanno ricevuto un antipertensivo diverso in associazione al valsartan, suggerendo che la terapia di combinazione valsartan/calcio-antagonista fornisce una prevenzione più efficace contro gli eventi cardiovascolari (Figura 2). Tuttavia, come sottolineato da Stefan Laurent, Past President della Società Europea dell’Ipertensione, la lettura dei dati dello studio dovrebbe portare a concludere che il trattamento aggiuntivo con valsartan ha ridotto gli eventi cardiovascolari indipendentemente dal tipo di terapia antipertensiva in atto e che gli effetti sarebbero da attribuire alla riduzione pressoria ottenuta. Studio di particolare interesse è stato l’AVERROES (Apixaban VERsus ASA in the prevention of strOkES) volto a dimostrare la superiorità di apixaban su aspirina per la prevenzione di ictus o di embolia sistemica in pazienti ad alto rischio per fibrillazione atriale non idonei al trattamento con un antagonista della vitamina K (warfarin). Lo studio è stato interrotto precocemente a seguito della raccomandazione del comitato di monitoraggio dei dati per l’evidente superiorità di apixaban.Infatti, un’analisi predefinita ad interim ha dimostrato una chiara evidenza di riduzione clinicamente importante di embolia sistemica ed ictus associati ad un profilo di sicurezza accettabile per apixaban rispetto all’aspirina. Tale raccomandazione è stata recepita dai ricercatori principali dello studio, condotti da Stuart Connolly della McMaster University di Hamilton, in Canada. AVERROES è stato uno studio in doppio cieco randomizzato che ha arruolato 5.600 pazienti con fibrillazione atriale (età media 70 anni) che hanno dimostrato intolleranza o che si prevedeva non essere adatti per il trattamento con un antagonista della vitamina K (a causa della difficoltà di controllare l’effetto del trattamento, aumentato rischio di emorragie, rifiuto del paziente di prendere warfarin). Apixaban, un inibitore del fattore Xa, è già stato studiato per la prevenzione della trombosi venosa profonda in seguito a procedure di chirurgia ortopedica e dopo sindrome coronarica acutama non era mai stato testato nei pazienti con fibrillazione atriale. Lo studio AVERROES ha confrontato gli effetti di apixaban e aspirina mentre un altro studio, ARISTOTLE (Apixaban for the Prevention of Stroke inSubjects With Atrial Fibrillation) (non ancora completato) sta valutando l’effetto di apixaban vs warfarin nei pazienti idonei al trattamento anticoagulante orale. Lo studio è stato condotto in 520 siti in tutto il mondo ed il reclutamento è stato completato nel dicembre 2009. L’end-point primario composito era rappresentato da embolia sistemica o stroke, mentre l’end-point primario di sicurezza era un’emorragia importante. Gli end-point secondari e terziari sono stati un end-point composito di ictus, embolia sistemica, infarto miocardico o morte vascolare e la mortalità totale. I risultati dell’analisi ad interim hanno dimostrato che l’incidenza annuale di ictus o di embolia sistemica (l’end-point primario) era pari al 3,9% all’anno per aspirina e 1,7% l’anno per apixaban (HR 0,45, p <0,001) (Figura 3) mentre l’incidenza di emorragie maggiori è stata di 1,4% all’anno per aspirina e 1.6% per anno per apixaban (HR 1.18, p = 0,33) (Figura 4). Il tasso di ictus emorragico è stato dello 0,2% l’anno in entrambi i gruppi di trattamento e non vi è stata alcuna evidenza di tossicità epatica o altri eventi negativi gravi. Commentando i risultati, il dottor Connolly ha dichiarato: “I risultati di AVERROES sono veramente impressionanti in quanto la riduzione dell’incidenza di ictus e embolia sistemica è stata molto importante mentre l’aumento del rischio di emorragia è stato minimo. Apixaban sembra essere un ottimo trattamento per i pazienti con fibrillazione atriale che non sono adatti al warfarin. Lo studio ha centrato la popolazione in cui è necessario valutare tale farmaco in quanto non appare possibile al momento attuale lo switch dall’anticoagulazione orale ai nuovi farmaci antitrombotici”. Importanti informazioni sono state presentate sull’interazione tra clopidogrel ed inibitori di pompa protonica. Tabassome Simon dell’Università di Parigi ha presentato dati che dimostrano come il rischio di ridotta efficacia di clopidogrel sia generalizzato per tutti gli inibitori di pompa protonica e non solo per alcuni di essi e che, quindi, sarebbe opportuno sospendere tali farmaci nei pazienti che devono assumere terapia con clopidogrel. Questi dati sono anche supportati dal fatto che non esistono evidenze che dimostrino la superiorità degli inibitori di pompa protonica rispetto alla ranitidina in pazienti senza patologie gastriche in atto. Giuseppe Rosano |
GIUSEPPE DI MARCO
non credo si possa affermare quello che dici tu. Vedi i dati dei registri e surveys europei ed italiani sullo scompenso cardiaco: circa il 40% non usa betablocco e di quelli che fanno il betablocco oltre il 50% non sono a target