SI PUO’ FARE DI PIU’

Nell’ischemia miocardica cronica, ranolazina riduce la sintomatologia, migliorando la qualità di vita dei pazienti con angina cronica.

3-2010-4-1L’angina pectoris cronica rappresenta una patologia estremamente frequente ed in continuo aumento nonostante la terapia medica attualmente disponibile e le tecniche di rivascolarizzazione percutanea e chirurgica. L’aumentodella prevalenza di questa forma di cardiopatia ischemica è essenzialmente legata alla aumentata sopravvivenza di pazienti con alto carico aterosclerotico, come quelli con coronaropatia diffusa, andati incontro negli anni a rivascolarizzazioni plurime e incomplete e alla maggiore sopravvivenza per l’utilizzo di numerosi presidi in profilassi secondaria. La terapia antianginosa si basa essenzialmente su presidi terapeutici che partono dal concetto di prevenire l’ischemia attraverso una riduzione del consumo di ossigeno o un miglioramento dell’apporto e, in questo senso, i capisaldi sono beta-bloccanti e calcio antagonisti, cui recentemente si è affiancato, sempre con l’obbiettivo di ridurre la frequenza cardiaca, l’ivabradina (Tabella). I nitrati, che sono indispensabili per il trattamento della crisi anginosa acuta, in cronico, nonostante ampiamente utilizzati, sono spesso associati allo sviluppo di tolleranza e, qualora vengano utilizzate “finestre terapeutiche”, a episodi di “rebound”, ovvero di esacerbazione della sintomatologia dopo sospensione di farmaco, soprattutto in fase di instabilità clinica. Vi è quindi la necessità di nuovi approcci terapeutici. Ranolazina si propone come nuovo antianginoso attraverso un meccanismo cellulare diretto legato all’inibizione della corrente tardiva del sodio che aumenta in condizioni patologiche. In condizioni normali, l’ampiezza della corrente tardiva del sodio corrisponde a meno dell’1% del picco di influsso del sodio. 3-2010-4-2È stato dimostrato che, in condizioni di ischemia, l’eccessivo aumento della corrente tardiva del sodio, determina un sovraccarico del sodio intracellulare. In particolare, il sodio può continuare ad entrare nella cellula perché i canali del sodio non vengono inattivati (cioè, non si chiudono o si riaprono). Pertanto, la concentrazione intracellulare di sodio tende ad aumentare con il persistere dell’ischemia. L’aumento della concentrazione di sodio intracellulare produce, in seguito ad uno scambio tra sodio intracellulare e calcio extracellulare, un accumulo intracitoplasmatico di calcio. Un eccesso di carico di calcio fa contrarre di più le proteine sarcomeriche (con ulteriore aumento del consumo di ossigeno e peggioramento dell’ischemia stessa) e rende il cuore più rigido, soprattutto in fase diastolica, quando il miocardio riceve la maggiore quantità di flusso coronarico. Nel cuore ischemico, quindi, viene anche compromesso il flusso coronarico stesso, con conseguenze a cascata peggiorative dell’ischemia stessa. È questo circolo vizioso che si traduce nel concetto “l’ischemia genera ischemia”. Ranolazina inibisce la patologica corrente tardiva del sodio che si ha in corso di ischemia, impedendo l’extracarico di sodio e, a sua volta, l’extracarico di calcio intracitoplasmatico (Figura 1). Questa inibizione si traduce in un blocco di quel circolo vizioso attraverso il quale l’ischemia genera ischemia. Su questa ipotesi, sono stati fatti studi clinici e abbiamo ora una serie sufficiente di risposte tali da poter dare un giudizio sulla applicabilità clinica. Le dimostrazioni cliniche del potere anti ischemico di ranolazina si sono articolate su tre tipi di studi:
- in monoterapia in pazienti con angina stabile da sforzo (studio MARISA - Monotherapy Assessment of Ranolazine In Stable Angina), il farmaco ha dimostrato di essere efficace nell’aumentare il tempo alla comparsa di ischemia e dell’angina, nel prolungare la durata dello sforzo;
- in aggiunta a beta-bloccante o calcio antagonista (studio CARISA - Combination Assessment of Ranolazine in Stable Angina), ranolazina ha dimostrato di incrementare ulteriormente rispetto a placebo il tempo all’ischemia, il tempo all’angina e la durata dello sforzo. In questo studo ha dimostrato anche di ridurre il numero delle crisi di angina e il consumo di nitrati short acting;
- in aggiunta a terapia con il massimo dosaggio di calcio antagonista (amlodipina) in pazienti refrattari (studio ERICA - Efficacy of Ranolazine in Chronic Angina), ranolazina ha ridotto il numero di episodi anginosi ed il consumo di nitroglicerina.
Questi dati aggregati ci dimostrano che il potere anti ischemico esiste ed è addizionale a quello delle terapie esistenti. Ovviamente può essere riduttivo giudicare un’utilità clinica attraverso i parametri quali l’incremento della durata di uno sforzo in una condizione “ex vivo” come quella di una prova da sforzo. È questo, tuttavia, un parametro facilmente quantificabile e ripetibile che ci dà una plausibilità biologica di un effetto clinico. In questo senso, è molto più interessante clinicamente la riduzione dell’utilizzo di nitroglicerina, ovvero degli episodi di angina nella vita quotidiana del paziente che vengono percepiti come “importanti” e che, soprattutto in pazienti cronici, possono portare all’accesso in Pronto Soccorso dove spesso il paziente viene trattenuto a lungo con conseguente dispendio di risorse. Dagli studi sopra citati emerge la possibilità di ottenere, con ranolazina, una riduzione significativa degli episodi di angina e del consumo di nitrati short acting nella vita quotidiana anche in pazienti in terapia con beta-bloccanti e calcio antagonisti. 3-2010-4-3Questa riduzione è tanto più importante quanto più il paziente ha una malattia che data da lungo tempo e presenta crisi di angina frequenti. Una conferma dell’efficacia e della sicurezza clinica di ranolazina viene dallo studio MERLIN-TIMI 36. Lo studio, concepito con l’ipotesi che ranolazina somministrata nella fase acuta di una sindrome coronarica senza sopraslivellamento del tratto ST riducesse l’end point combinato di mortalità, infarto e ischemia ricorrente, non ha evidenziato una efficacia in questo senso; tuttavia, ha dimostrato che, se l’effetto su mortalità e reinfarto era nullo, assolutamente significativa era la riduzione dell’ischemia ricorrente e angina ingravescente, a conferma dell’efficacia di ranolazina nel trattamento dell’ischemia cronica. In altre parole, un effetto anti ischemico non modifica mortalità e reinfarto (legati a fenomeni biologici quali il danno permanente di pompa o la trombosi ricorrente su placca instabile), ma riduce la ricorrenza di angina. I pazienti trattati con ranolazina nello studio a lungo termine MERLIN ricevevano anche meno farmaci e il sottogruppo di pazienti (3.565) con pregressa diagnosi di angina cronica prima dello sviluppo dell’evento auto, presentava un miglioramento di tutti i parametri da sforzo. Sempre lo studio MERLIN ha definitivamente dimostrato come l’utilizzo, anche a dosi di 1000 mg/bid, attualmente non commercializzate, non portava ad un temuto allungamento del QT tale da aumentare il rischio di aritmie, anzi si aveva una significativa riduzione delle aritmie ventricolari e degli episodi di TV non sostenuta all’Holter monitoring effettuato nei primi 7 giorni. Gli effetti collaterali verificatisi con ranolazina erano alquanto fastidiosi per il paziente (capogiro, senso di vuoto alla testa), ma assolutamente tranquillizzanti. Un’altra categoria che sovente si inquadra tra quelle bisognose di nuovi approcci terapeutici, perchè spesso con malattia cronica e in aggiunta con intolleranza alla terapia tradizionale o a dosi massimali di questa, è quella degli anziani. Anche in questo caso, ranolazina ha dimostrato un’ottima efficacia terapeutica, pari a quella che si ottiene nei pazienti più giovani (Figura 2)con un buon profilo di sicurezza. La terapia della angina pectoris cronica ha due obiettivi: il miglioramento della prognosi e la riduzione dei sintomi. Il miglioramento della prognosi si ottiene attraverso l’impiego di aspirina, statine, ACE-i (in presenza di malattie cardiovascolari note) e beta-bloccanti (in pazienti con pregresso IMA); mentre la riduzione dei sintomi attualmente prevede l’uso di beta-bloccanti e calcio antagonisti. Le Linee Guida auspicano un impiego combinato della terapia medica e di rivascolarizzazione; tuttavia, quest’ultima non modifica la prognosi, anzi può essere associata a complicanze peri-procedurali. Inoltre, la terapia di rivascolarizzazione in questi pazienti ha una efficacia che si perde nel giro di 3-5 anni. La disponibilità di un nuovo principio terapeutico che si affianca facilmente e senza alterazioni emodinamiche a quelli attualmente disponibili è sicuramente un fatto innovativo nell’armamentario a disposizione del Cardiologo nella pratica clinica. In termini di costo/efficacia del trattamento della angina cronica, andrebbero educati gli erogatori di salute ad utilizzare in maniera appropriata i nitrati long acting (attualmente 11 milioni di confezioni/anno in questi pazienti a fronte di una serie di problemi legati alla tolleranza e all’effetto rebound). Ranolazina, in popolazioni di pazienti con angina cronica, costituisce un trattamento innovativo che è in grado di modificare la qualità della vita.

Piera Merlini
Responsabile ricerche cliniche
Divisione di Cardiologia
Dipartimento Cardiologico De Gasperis
Ospedale Niguarda
Milano