PERCORSO AD OSTACOLI

Al Congresso SANIT 2010 focus sul percorso del paziente rivascolarizzato ad alto rischio cardiometabolico.

3-2010-14-1I pazienti con diabete mellito (DM) sono soggetti ad una forma di aterosclerosi accelerata e progressiva che aumenta la probabilità di andare incontro a rivascolarizzazione coronarica. Tuttavia, la natura stessa della malattia modifica la risposta dell’arteria all’angioplastica coronarica (PCI) o al bypass aorto-coronarico (CABG), così che il DM è un predittore di outcome sfavorevoli dopo procedure sia percutanee, sia chirurgiche.
Anche l’uso degli stent medicati rispetto agli stent convenzionali riduce la restenosi, ma non modifica significativamente gli end-point clinici hard (infarto miocardico e mortalità). Il 68% dei pazienti diabetici over 65 anni muore per eventi cardiovascolari, mentre il 16% per ictus. Quindi, il trattamento farmacologico ottimale dei pazienti con DM e malattia multivaso è cruciale per migliorare la prognosi. Nella popolazione dello studio BARI 2D (NEJM 2009), il confronto tra rivascolarizzazione miocardica sia chirurgica che percutanea versus terapia medica ottimale (2.368 pazienti randomizzati con diabete tipo 2) non ha mostrato differenze significative circa i MACE e la sopravvivenza a 5 anni (Figura 1). Nel trial DPP (Diabetes Prevention Program) (N Engl J Med 2002), solo il 50% del gruppo di 3.234 pazienti sottoposto ad intervento sullo stile di vita raggiungeva il goal dello studio, ossia di una riduzione del 7% del peso corporeo, mentre il 74% arrivava a fare almeno 150 minuti la settimana di moderata attività fisica. Il programma NHANES (National Health and Nutrition Survey) dal 1999 al 2000 ha mostrato che solo il 37% dei partecipanti raggiungeva un target terapeutico di HB glicosilata <7%, mentre un altro 37% non rispettava la raccomandazione di correggere il livello di HB glicosilata che risultava >8.0%. Nello stesso modo la pressione arteriosa era nel target <130/80 mmHg solo nel 36%, mentre il 40% presentava ipertensione arteriosa con valori maggiori (140 o 90 mmHg). È evidente, quindi, che il trattamento isolato della patologia coronarica in questo gruppo di pazienti non è destinato al pieno successo. Per tale ragione, da alcuni anni la Cardiologia Interventistica dell’A.O. San Camillo Forlanini di Roma, diretta da Roberto Violini, ha creato un percorso dedicato al follow up dei pazienti diabetici e di tutti i soggetti ad alto rischio metabolico sottoposti a rivascolarizzazione coronarica. 3-2010-14-2La gestione di questi pazienti è di tipo ambulatoriale con un approccio multidisciplinare in cui sono coinvolti principalmente: cardiologi, internisti, diabetologi, nefrologi, angiologi. Quest’anno, in uno dei Convegni del SANIT (Forum Internazionale della Salute) svoltosi a Roma al Palazzo dei Congressi dal 22 al 25 giugno, si è fatto il punto su questa attività: Medici Specialisti ospedalieri e Medici del territorio si sono confrontati per sviluppare la discussione sulla responsabilità dell’Ospedale quando si dimette il paziente, la presa in carico del territorio, il ruolo dell’ambulatorio ospedaliero (a chi, quanto e come) con lo scopo di definire percorsi condivisi tra ospedale e territorio. La sessione pomeridiana ha visto anche la partecipazione diretta di pazienti che hanno così acquisito importanti informazioni su come convivere con la malattia diabetica e cardiaca. Il primo collegamento tra ospedale e Medici del territorio è rappresentato dalla lettera di dimissione che dovrebbe riunire le qualità di chiarezza e sintesi ed essere accessibile al paziente ma anche agli operatori sanitari coinvolti nella sua cura. Paolo Salvini e Giacomo Di Bona (AO San Camillo Forlanini) hanno proposto un modello di lettera di dimissione che è stato condiviso dai Medici di Medicina Generale presenti, mentre Daniela Orazi della Direzione Sanitaria dell’AO San Camillo si è soffermata sull’utilità di creare un raccordo informatico (email o siti web dedicati e riservati) per favorire i contatti e lo scambio di informazioni, anche cliniche, del paziente tra i Medici del territorio e l’ospedale. L’estensione dell’autorizzazione al trattamento dei dati personali fornita dal paziente, secondo Giovanna Natalucci, responsabile dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico del San Camillo, agevolerebbe questo percorso. Purtroppo, il modello integrato che permetterebbe ai vari specialisti all’esterno dell’Ospedale di ottenere online informazioni già presenti nei vari database ospedalieri è ancora lontano, nè si può ancora contare sulla diffusione di una card con microchip che segua il paziente e che potrebbe integrare la lettera di dimissione. Più agevole è la collaborazione con centri di riabilitazione e centri specializzati nella cura dell’obesità: il trasferimento, in tali realtà di degenza, può accelerare la dimissione del paziente dall’ospedale per acuti e migliorarne la ripresa ed il reinserimento nel contesto lavorativo-sociale, senza far “dimenticare” subito al paziente quale sia il reale target per correggere il proprio stile di vita. Aspetto ancor più importante, come ribadito dal professor Donini, dell’Università La Sapienza di Roma, è il trattamento dell’obesità che si ottiene accompagnando alla dieta, l’allenamento fisico personalizzato e costante, in presenza di un team che coinvolge Psicologo, Diabetologo, Cardiologo e Nutrizionista che possono portare ad un miglioramento del profilo lipidico con effetti sul sistema cardiovascolare. L’accesso agli esami ambulatoriali diagnostici non invasivi, dopo il ritorno a casa, è vitale in questo tipo di pazienti: per cui diventa fondamentale l’interazione tra le poche strutture organizzate sul territorio. È, quindi, indispensabile garantire prestazioni ambulatoriali e strumentali multidisciplinari articolate per tutti i pazienti diabetici trattati con PCI (Figura 2). È noto, infatti, che un target terapeutico ottimale ha maggior impatto sulla prognosi che non le ripetute rivascolarizzazioni. La possibilità di seguire questi pazienti ad alto rischio di restenosi e complicanze cardiovascolari dopo la PCI permette di migliorare sia l’outcome dei pazienti sia l’appropriatezza prescrittiva degli esami strumentali. I risultati dell’esperienza nell’ambulatorio per pazienti rivascolarizzati metabolici complessi della Cardiologia Interventistica del San Camillo hanno mostrato un migliore feed-back da parte dei pazienti che si traduce in maggiore aderenza, non solo al trattamento farmacologico ma anche alla correzione dello stile di vita come ad esempio l’abolizione del fumo. In questo modello integrato il paziente è al centro di un sistema di cure e prevenzione nel quale usufruisce di servizi di diagnosi (per la stratificazione del rischio) e di cure (farmacologiche ed educazionali) erogate dalle strutture di 2° e 3° livello, ognuno col “proprio standard di competenze”. La componente più importante di tale sistema integrato di assistenza è proprio il paziente che ha la responsabilità di una gestione consapevole del problema e di sottoporre la propria condizione clinica ad un monitoraggio continuo aiutato dal proprio Medico di riferimento. La formazione del paziente all’autogestione è parte integrante della strategia di prevenzione che gli permetta di conservare questo stile di vita nel futuro. Nella seconda parte del convegno, la partecipazione attiva nella riunione di pazienti che sono stati sottoposti ad angioplastica coronarica ha contribuito alla discussione con la loro esperienza di vita mettendo in luce aspetti psicologici della malattia e necessità assistenziale sul territorio.

Marco Stefano Nazzaro
Cardiologia Interventistica
A.O. S.Camillo Forlanini
Roma