SERENO VARIABILE

I farmaci generici sono una realtà internazionale con sempre maggiore diffusione anche in Italia ma, talvolta, possono presentare sorprese. Vediamo perché…

Seconda puntata della Serie “le indagini scomode” di CardioLink Scientific News. Come preannunciato, questa volta ci occupiamo di farmaci generici. Nello stile che ci contraddistingue, poniamo all’attenzione dei nostri lettori tutto quanto abbiamo raccolto nella nostra indagine tra Medici, Farmacisti e pubblicazioni senza peli sulla lingua e aperti ad ogni confronto (vedi blog). I farmaci generici sono definiti in base alla Legge n. 425 del 8.8.1996, GU n. 191 del 16.8.1996, come “medicinali a base di uno o più principi attivi, prodotti industrialmente, non protetti da brevetto o certificato protettivo complementare”. Inoltre, sono distinti in generici “branded” (con marchio commerciale) o specialità analoghe e generici “unbranded” (senza marchio commerciale) prodotti da aziende con livelli qualitativi a volte estremamente differenti le une dalle altre. Recentemente tali farmaci sono stati ridefiniti come “medicinali equivalenti” (Legge 149 del 26 luglio 2005).
Molti dei farmaci oggi in uso clinico in Italia sono diventati generici. I farmaci così definiti sono ritenuti “equivalenti” e quindi interscambiabili con la formulazione originale se soddisfano il concetto della “somiglianza essenziale”.Questo avviene perché ogni farmaco in commercio (definito branded o originator) ottiene un brevetto che, dopo un certo periodo di tempo, in genere circa 10 anni, scade. A questo punto questi farmaci possono essere prodotti liberamente da altre ditte farmaceutiche a prezzi competitivi rispetto al farmaco originale. Oltre ad un adeguato controllo delle modalità di fabbricazione, il preparato deve infatti dimostrare bioequivalenza, cioè deve possedere, a parità di quantità e tipo di principio attivo somministrato per la stessa via ed alla stessa dose, una biodisponibilità sovrapponibile alla specialità di riferimento. Ciò significa un assorbimento, quantità di farmaco assorbita e velocità di assorbimento simili ma non necessariamente uguali al farmaco branded o originator di riferimento in quanto possono avere, rispetto al prodotto di riferimento, un margine del 20% di variabilità. Pertanto, due prodotti si definiscono bioequivalenti quando la loro somministrazione produce profili simili di concentrazione nel sangue di soggetti sani e quando i due farmaci abbiano una simile, ma non necessariamente uguale, farmacocinetica, tempo di assorbimento, picco ematico (Cmax), l’area sottesa dalla curva delle concentrazioni ematiche per il tempo (AUC). Sono quindi consentiti valori tra l’80 ed il 120% dell’originale: in pratica se la formulazione del generico, a parità di quantità di principio attivo rispetto all’originale, rilascia l’80% di quello che viene rilasciato dall’originale il farmaco generico ottiene l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC); se questo valore è minore, non la ottiene poiché il gap di biodisponibilità viene considerato eccessivo. Quindi, i farmaci equivalenti dovrebbero essere formulati in maniera tale da contenere la stessa quantità di principio attivo, nella stessa forma farmaceutica, nello stesso dosaggio rispetto al prodotto branded. Tuttavia, per tali farmaci non è richiesto di avere gli stessi standard di produzione od altri standard applicabili (ad es. qualità, purezza, identità) dei farmaci di riferimento. I farmaci equivalenti, inoltre, possono differire per altre caratteristiche, come la forma, meccanismi di rilascio, confezionamento, eccipienti, tempi di scadenza ed origine del principio attivo.Quest’ultimo aspetto è essenziale per la qualità dei farmaci in quanto la maggior parte dei principi attivi utilizzati nei prodotti equivalenti provengono da India e Cina ove gli standard produttivi non sono paragonabili a quelli europei. Inoltre, se vengono prodotti sali diversi di una particolare sostanza farmaceutica attiva, questi possono essere considerati equivalenti pur potendo differire sostanzialmente per quanto concerne alcune proprietà fisico-chimiche come la solubilità, igroscopicità, stabilità, scorrevolezza, e potendo generare sottoprodotti diversi. A causa delle deficienze normative e della possibilità fornita ai generici di produrre farmaci non esattamente eguali al farmaco di riferimento, si evince come il farmaco equivalente non può e non deve essere considerato a tutti gli effetti come un farmaco eguale a quello di riferimento per le caratteristiche farmacologiche ma, soprattutto, per quelle di efficacia clinica. Non tutti i farmaci generici offrono garanzia di equivalenza farmacologica ma quello che è più preoccupante è che per nessuno di essi sia richiesta la prova di efficacia clinica che dipende anche e soprattutto dalla purezza del principio attivo, dalle sue modalità di rilascio, dagli eccipienti utilizzati, dalle dimensioni delle particelle di farmaco. Queste ultime possono essere di dimensioni diverse nel farmaco generico rispetto al farmaco di origine ed in molti casi hanno dimensioni superiori che causano una minore solubilità, limpidezza della soluzione, fino addirittura a problemi di precipitazione nel caso di prodotti per uso endovenoso e mancato raggiungimento di siti di azione come nel caso di farmaci respiratori per uso inalatorio. Quindi, appare evidente che attualmente la legislazione per l’approvazione ed immissione in commercio dei farmaci equivalenti prevede solo che venga dimostrata una bioequivalenza in volontari sani senza la possibilità di predire il loro reale comportamento nell’uso clinico. Inoltre, non esiste certezza scientifica sul fatto che una comprovata bioequivalenza tra farmaco di riferimento e composto generico comporti una paragonabile tollerabilità ed efficacia clinica. I farmaci generici rappresentano un’importante opportunità perché consentono di avere cure efficaci con un certo risparmio di spesa ma molto spesso questo risparmio è solo apparente e questo è vero soprattutto in quelle condizioni in cui i soggetti che partecipano alla spesa sanitaria di un Paese sono più di uno.Infatti, se un farmaco equivalente che riduce la spesa farmaceutica è anche meno efficace questo comporterà un aumento delle richieste di prestazioni ambulatoriali e/o di ricoveri e quindi un aumento della spesa sanitaria globale.
La presenza di differenti eccipienti nel farmaco generico può comportare un diverso assorbimento del farmaco, una maggiore incidenza di reazioni allergiche o di intolleranze, una interazione con il principio attivo. Un problema di importanza rilevante per l’efficacia terapeutica del farmaco è quello relativo alla tracciabilità delle materie prime poichè non viene mai riportata sulla confezione la provenienza di origine del principio attivo. Questa obiezione potrebbe valere sia per i farmaci branded che per i generici ma, mentre nel caso dei farmaci originali le aziende farmaceutiche sono sottoposte a maggiori controlli – e quindi la tracciabilità non è un problema nel caso dei farmaci equivalenti – è molto più difficile che si possa conoscere l’origine di provenienza del principio attivo. Infine, un problema non da poco è quello relativo agli studi di bioequivalenza, troppo spesso non completamente tracciabili ed in casi recenti non effettuati o alterati come nel caso di alcuni inibitori di pompa protonica. È pertanto necessario che, se si vuole implementare e favorire l’uso del generico, vengano effettuati sempre maggiori controlli da parte della Agenzia del Farmaco e da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. Controlli che devono essere effettuati non solo all’ingresso del farmaco in commercio ma anche durante la sua produzione e distribuzione e ripetuti nel tempo.
Per quanto riguarda i farmaci cardiovascolari, è comune l’esperienza della necessità di aumentare il dosaggio delle statine o degli effetti ipotensivi o di mancanza di copertura terapeutica con gli antipertensivi, la fiacca e l’ipotensione con i beta-bloccanti per non parlare dei gravi problemi aritmici ed ipotensivi associati a propafenone e verapamil generici. A cosa sono dovuti questi effetti? Volendo pensare che i generici in commercio in Italia siano i migliori al mondo, le differenze in biodisponibilità permettono di spiegare molti problemi con i farmaci cardiovascolari generici. Assumiamo di considerare tre farmaci, l’originale, un generico con variabilità +20% ed uno con variabilità -20% (Figura 1). 3-2010-18-1Se un paziente, ad esempio iperteso o scompensato, è in trattamento e controllato con il farmaco originale e questo farmaco gli viene sostituito con il generico 1, la differente farmacocinetica potrebbe portare ad una maggiore ipotensione al picco e minore efficacia prima dell’assunzione della dose successiva. Ma se poi al paziente viene somministrato il generico 2, la differenza tra questo ed il generico precedente arriva ad essere del 40%. È noto che in alcuni pazienti i beta-bloccanti hanno effetto anche a dosaggi bassi ma in questi pazienti, per lo più anziani o scompensati o con comorbilità, la sostituzione del branded con farmaci generici, con la variabilità del 20% in più od in meno rispetto all’originale, potrà facilmente causare un aumento di effetti collaterali anche molto pericolosi. Pertanto i farmaci generici rappresentano in teoria un ottimo sistema per il contenimento della spesa sanitaria ma con la legislazione attuale, vista la variabilità tra i generici, non sempre sembra sicuro – per il bene del paziente – l’utilizzo di farmaci generici tenendo presente che molto spesso gli eventi avversi possono avere implicazioni medico-legali importanti.

Nino Lo Pacio


 
ANDREA POZZATI
penso anche io che fino a quando non ci sono studi controllati sulla bioequivalenza occorra prudenza. In ogni caso è indispensabile portare la % di contenuto di farmaco attivo al +/- 10% per essere credibili.
inserito il: 23-10-2010 08:25
 
 
ALESSANDRO DI TROIA
Se si decide di prescrivere un generico, a mio parere, un paziente dovrebbe assumere sempre lo stesso generico, della stessa casa produttrice e ciò in consederazione della differenza farmacocinetica rilevata per lo stesso generico prodotto da più aziende.
Ma ciò non accade perchè il farmacista ha la facoltà di dare al paziente l'equivalente disponibile al momento.
Quindi sono perfettamente d'accordo con le osservazioni di Nino Lo Pacio: la legislazione attuale è alquanto deficitaria in materia di generici e ciò espone, nel caso di effetti collaterali importanti, il medico prescrittore a possibili implicazioni medico-legali.
inserito il: 23-10-2010 10:29
 
 
MAURIZIO DORE
Il problema nasce dal fatto che la variabilità di concentrazione del principio attivo + o - in percentuale, varia da lotto a lotto per cui se usi un ace inibitore ti puoi trovare nella spiacevole situazione di dover aggiustare la posologia ad ogni cambiamento di lotto, sai il paziente come e' felice
inserito il: 31-10-2010 17:52
 
 
VINCENZO IMMORDINO
ritengo che se si debbano scegliere generici si debbano indicare prodotti di case internazionali (DOC, Dorom, Sandoz, Teva) piuttosto che di ditte improvvisate e dai nomi sconosciuti)
inserito il: 01-11-2010 14:00
 
 
MAURIZIO DORE
purtroppo sul farmaco generico non credo possa essere possibile dare indicazione precisa, in quanto il farmacista può dipensare il generico che meglio crede, ovvero quello su cui ha il maggiore sconto
inserito il: 02-11-2010 07:39
 
 
BIAGIO INSACCO
Bisogna prescrivere, a mio parere, farmaci generici prodotti da industrie internazionali serie, che producona anche farmaci griffati e che quindi adottano procedure accurate nella produzione e non farmaci prodotti da sconosciuti con materia prima importata dalla cina. Io proèpongo ai miei pazienti di non accattare in farmacia, prodotti che non abbiano queste caratteristiche.
inserito il: 02-11-2010 09:58
 
 
GIUSEPPE CANGIANO
l'articolo è ineccepibile per i suoi contenuti soprattutto per il frequente riscontro della variabilità dell'azione terapeutica nella pratica clinica.
Da aggiungere che spesso il paziente si confonde davanti al cambiamento continuo della scatola e dei suoi colori determinati dalla disponibilità del farmaco da parte del farmacista e commette errori posologici a volte anche importanti. Giuseppe Cangiano
inserito il: 09-11-2010 16:33
 
 
MIRIA BONGINI
Siamo sicuri che le ditte "serie" producono tutte nello stesso modo il generico ed il griffato oppure non producano il generico in paesi diversi rispetto al griffato? In una occasione ho acquistato un generico anti H2 di una nota ditta ed ho trovato 2 capsule rotte!!
inserito il: 09-11-2010 22:10
 
 
VINCENZO IMMORDINO
Il problema rimane sempre insoluto, sarebbe bello uno studio brand/generico con valutazione morbilità e mortalità...
inserito il: 14-12-2010 01:19