ICAROS: piena luce post rivascolarizzazione

I dati dello studio ICAROS fanno piena luce sulla gestione dei pazienti nell’anno successivo a PCI o By-pass: 1 paziente su 5 torna in ospedale.

4-2010-8-1Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morbilità e mortalità in Italia e nel mondo, tuttavia l’attuale li­vello di prevenzione secondaria raggiunto dopo evento cardiaco acuto è ampiamente in­sod­di­sfa­cente ed è responsabile dell’ancora elevato tasso di recidive co­ronariche. La principale dimostrazione che un intervento globale dopo infarto del miocardio, terapeutico, comportamentale e con somministrazione di training fisico controllato, sia in grado di limitare un certo nu­mero di outcome cardiovascolari e di migliorare lo stile di vita e l’aderenza alla terapia è patrimonio della ricerca cardiologica italiana (GOSPEL Study - Arch Intern Med 2008; 168(20):2194-2204). Cio­no­no­stante, nella vita reale, il ricorso a programmi di Cardiologia Ria­bilitativa (CR) appare ancora limitato e, a livello nazionale, ap­paiono scarse le informazioni cir­ca i risultati immediati e a distanza ottenuti in determinate popolazioni di pazienti, tra cui i soggetti sottoposti a rivascolarizzazione co­ro­narica. Per rispondere a queste do­mande, IACPR-GICR (Ita­lian Associa­tion for Car­dio­va­scu­­lar Pre­­ven­tion, Rehabi­li­ta­tion and Epi­de­miology – Grup­po Italiano di Car­diologia Ria­bi­li­tativa) ha coordinato uno studio multicentrico sulla riabilitazione e prevenzione secondaria dopo rivascolarizzazione coronarica, noto con l’acronimo di ICAROS (Ita­lian survey on CAr­diac Reha­bi­li­ta­tiOn and Se­condary prevention after car­diac revascularization). L’in­dagine, realizzata gra­zie al supporto in­con­di­zio­na­to di I.F.B. Stroder Italia, ha visto l’arruolamento di 1.262 pazienti in esiti di rivascolarizzazione co­ronarica chi­rurgica (CABG) e percutanea (PCI) da parte di 62 centri di CR, rappresentativi della realtà nazionale per volumi di lavoro e corrispondenza dei trattamenti erogati con le raccomandazioni delle linee gui­da. 4-2010-8-2La survey, a carattere prospettico e longitudinale, è stata condotta con mo­dalità di raccolta dati web-ba­sed, me­diante accesso protetto al sito internet societario www.iacpr.it e compilazione di una corposa e-CRF forte di quasi 700 item preordinati, con tre punti di osservazione tra arruolamento e follow-up dei pazienti (6 e 12 mesi). I due grup­pi di pazienti (CABG 69%; PCI 31%, di cui la metà con im­pianto di stent medicato) sono stati seguiti prevalentemente in ambito degenziale (73%) e si sono caratterizzati, compatibilmente con i principali criteri di appropriatezza in CR, per la presenza di un rischio clinico e una complessità clinico-assistenziale me­dio-elevata, testimoniata dal­la presenza, in un terzo dei casi, di complicanze trascinate dalla fase acuta (Ta­bella 1). Come vengono di­messi questi pazienti dalle strut­ture per acuti dopo l’intervento, alla luce di quanto emerso in ICAROS? Glo­bal­men­te, si tratta di mi­surarsi con un profilo di ri­schio cardiovascolare importante: ipertensione arteriosa e ipercolesterolemia sono presenti in circa il 70% dei casi, i diabetici sono quasi un terzo, un quinto sono fumatori attivi e, per quanto concerne lo stile di vita, circa due terzi dei pazienti non pratica attività fisica o non consuma pesce neppure una volta alla settimana. 4-2010-8-3Come ri­sultato immediato poi del programma di CR, i pazienti vengono affidati all’ambito della Medicina Ge­ne­ra­le con una prescrizione di farma­ci cardioprotettivi sensibilmen­te mi­gliorata (ACE-I/ARBs +23%, betabloccanti +14%, statine +20%) e con raggiungimento di target te­rapeutici mediamente soddisfacenti (Figura 1), seppure con im­portanti scostamenti soprattutto per quanto riguarda gli indicatori del profilo glicolipidico. Cosa succede ad un anno dalla dimissione? In­nan­zitutto, l’incidenza di mortalità cardiovascolare ed eventi maggiori (mor­te CV, IMA non fatale, rivascolarizzazione coronarica, stro­ke e scompenso cardiaco) non sembrano trascurabili: 1.5% e 12.8% rispettivamente. 4-2010-8-4La quota di eventi maggiori car­diovascolari (MACE) si attesta all’11% circa a un anno (Ta­bella 2), sulla quale pesano per circa la metà le successive procedure interventistiche co­ro­nariche e le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. In particolare, i pazienti dopo PCI sembrano manifestare più frequentemente complicanze cardiovascolari (Figura 2), con una quota di eventi pari al 21%, comunque da mettere in relazione con la maggiore complessità generalmente ascrivibile ai pazienti che afferiscono all’ambito riabilitativo per questa in­dicazione. Quanto all’ambito farmacologico, il numero di farmaci di cardioprotezione mantenuti attivi e l’aderenza alla terapia (Figura 3) non subiscono importanti riduzioni: quasi il 60% dei pazienti, infatti, assume pressoché costantemente antitrombotici, inibitori del si­stema renina-angiotensina, be­tabloccanti e sta­tine, con tas­si di mantenimen­­to dei target te­rapeutici sos­tan­zialmente co­stanti (ad ec­ce­zione della pressione arteriosa) e co­munque superiori alla media europea. Anche la promozione di un corretto stile di vita pare in­co­raggiante, con quasi la metà dei pazienti che svolge regolare esercizio fisico e un solo paziente su 10 che prosegue a fumare. 4-2010-8-5Le successive analisi che perverranno da ICAROS consentiranno di identificare specifici profili di stile di vita, ottimizzazione e aderenza alla terapia, in grado di correlare con i diversi livelli di rischio cardiovascolare residuo. Con­cet­tual­mente, ICAROS offre molteplici spunti di riflessione per l’intera comunità cardiologica ita­liana. In primo luogo, una prova di efficacia: l’evidenza che il livello di cardioprotezione raggiunto al momento della dimissione dalla struttura per acuti dopo CABG e PCI, soprattutto per quanto ri­guarda prescrizione e grado di titolazione di ACE-I/ARBs, betabloccanti e statine, può essere si­gnifi­ca­tivamente migliorato dalla successiva im­plementazione di un programma strutturato di riabilitazione cardiologica. Poi un avvertimento: nonostante un intervento riabilitativo strutturato, focalizzato sulla prevenzione secondaria, si os­serva un incompleto rag­giungimento dei target terapeutici che caratterizza i pazienti nel mo­­mento del passaggio alle cu­re primarie. Da ultimo un allarme: fino a un quinto dei pazienti italiani che tornano alla propria vita dopo una “tranquillizzante” rivascolarizzazione co­ro­narica è colpito entro un anno da un evento cardiovascolare mag­giore, con ciò che ne consegue in termini di accresciuta morbilità e disabilità e impiego di risorse sanitarie. Tutto questo, oltretutto, in un contesto di rinforzo offerto dall’intervento di CR, che ha dimostrato di migliorare significativamente lo stile di vita e mantenere livelli di cardioprotezione farmacologica sicuramente non inferiori agli standard europei. Da qui un forte richiamo affinché tutti gli attori coinvolti nel processo di continuità assistenziale dopo intervento di rivascolarizzazione coronarica (Car­diologia dell’acuto, Car­dio­lo­gia Ria­bi­li­ta­ti­va, Medicina Gene­rale), prestino attenzione al puntuale livello di prevenzione se­condaria manifestato nei di­versi momenti dal singolo pa­ziente, attivando i più appropriati interventi per promuovere la già fragile stabilità nel medio periodo.

Marco Ambrosetti
Cunardo (VA)
Raffaele Griffo
Arenzano (GE)
Roberto Tramarin
Cernusco SN (MI)
Francesco Fattirolli
Firenze
Stefania De Feo
Peschiera del Garda (VR)
Annarita Vestri
Roma
Pierluigi Temporelli
Veruno (NO)

a nome dei Ricercatori ICAROS dell’IACPR-GICR

 
GIUSEPPE D'AMBROSIO
Bisogna rinnovare la medicina generale e mandare in pensione i vecchi cardiologi.
inserito il: 06-01-2011 12:40
 
 
LUIGI SABINO
Da quale età in su tirerebbe la linea l'illuminato collega D'Ambrosio, se di età anagrafica lui parla?
G. Sabino
inserito il: 10-01-2011 19:08
 
 
ANTONIO PROVENZANO
Ormai la Medicina Generale è diventata ultrapolispecialistica,non perdendo mai comunque di vista il paziente nel suo assieme di contesto generale,psicofisico,
familiare e comportamentale.Non esistono vecchi e nuovi cardiologi: semmai cardiologi bravi,esperti e non,aggiornati e non.
inserito il: 10-01-2011 20:20
 
 
GIANFRANCO BAGGIONI
In pratica venti pazienti su cento dopo un anno sono colpiti da un evento cardiaco maggiore. In realtà é un dato allarmante anche alla luce delle aspettative del paziente operato.Nel report non viene specificata il tipo clinico di coronaropatia che ha portato all'intervento .Mi pare di ricordare che le angine stabili da sforzo abbiano dopo un anno di terapa medica aggressiva un outcome migliore
inserito il: 10-01-2011 21:18
 
 
SALVATORE MILITO
"Bisogna rinnovare la medicina generale e mandare in pensione i vecchi cardiologi" (G.D'Ambrosio). Mi pare di ricordare che le angine stabili da sforzo abbiano dopo un anno di terapa medica aggressiva un outcome migliore (Gianfranco Baggioni).
La seconda che è stata detta! Bisogna rivalutare i vecchi cardiologi. Salvatore Milito.
inserito il: 11-01-2011 09:36
 
 
GIUSEPPE MARINO BENVENUTO
Ai Colleghi,
i blogs scientifici raggiungono un loro obiettivo se ci si limita a discutere criticamente i dati degli studi, senza... abbandonarsi a commenti da bar dell'ospedale... Ispiriamoci a quelli analoghi visitabili in "The Heart.org" e "Cardio-Exchange"
inserito il: 11-01-2011 10:26
 
 
FILIPPO DELRIO
Vorrei sapere quanti ischemici sottoposti a PCI , nella vita reale, vanno in un centro di riabilitazione cardiologica e quanti invece dopo 7-10 gg tornano al lavoro perche' "guariti" da santo stent.
inserito il: 11-01-2011 14:10
 
 
STENIO AMABILI
vorrei continuare a parlare di cardiologia ,come abbiamo fatto fino ad oggi , e non di " pulizie etniche ". grazie . Comunque mi associo totalmente a quanto detto da Salvatore Milito
inserito il: 11-01-2011 19:06
 
 
GIANFRANCO BAGGIONI
Replica al collega Milito per quanto riguarda i pazienti con angina stabile.Io forse ricordo male ma il collega ha dimentiato o non ha letto i lavori COURAGE E BARI2D in cui viene riportato che la terapia interventistica non è superiore alla terapia medica .La mia osservazione è rivolta all'uso ingiustificato di PCI che troppe volte vengono eseguite "off label" con le coseguenze di eventi maggiori molto numerosi e costosi.La terapia medica in questi casi offre risultati migliori.Non ho inteso a cosa si riferisce il collega Amabili con la frase "pulizie etniche" Grazie e cordiali saluti
inserito il: 11-01-2011 23:30
 
 
STENIO AMABILI
mi riferivo ovviamente all'invito a mandare in pensione i "vecchi" cardiologi dai quali ho imparato molto. mi scuso per il termine e per non essere stato chiaro
inserito il: 13-01-2011 09:34
 
 
EMANUELE MELI
L'inappropiatezza della PTCA nell'angina stabile è un dato acquisito e corroborata dal malato che si sente gratificato dalle indagini;il medico,pur conoscendo le linee guida, si rifugia nella difensuva.
inserito il: 03-02-2011 17:04
 
 
GIUSEPPE GRECO
Si parla tanto di integrazione tra Ospedale e Territorio! Ma pare che se ne parli soltanto...E poi non esiste la procedura ottimale per definizione.Ma quella più utile ad un determinato paziente. Infine è la medicina del territorio-Medici di medicina generale,specialisti ambulatoriali-che dovrebbe essere implementata, e non appesantita da trovate burocratiche, più attente al portafogli che alla salute dei cittadini.
inserito il: 12-02-2011 17:31
 
 
MICHELINA FERRARO
Ho 55 anni. Sono un vecchio cardiologo?
inserito il: 15-02-2011 15:38
 
 
GIANCARLO ANTONUCCI
Mi pare che il dato si riferisca ad una popolazione di soggetti acuti sottoposti a rivascolarizzazione (e non di coronorapatie stabili) per cui potrebbe esere anche atteso. Sembra proprio progressione di malattia per insufficiente prevenzione secondaria (ma forse non è solo colpa nostra)
inserito il: 17-02-2011 17:58