LA GENETICA NELL’AMBULATORIO DI CARDIOLOGIA

Il Congresso Nazionale ARCA apre le porte alla formazione continua sulla genetica medica e sulle applicazioni correnti in Cardiologia.

Negli ultimi 20 anni si è assistito ad un progresso senza precedenti della genetica umana e della genetica medica, il cui risultato più evidente, anche presso la po­polazione generale, è stato quello relativo al sequenziamento del genoma umano. L’ap­plicazione della genetica molecolare allo studio delle malattie umane ha consentito ai ricercatori di scoprire la maggior parte dei geni le cui mutazioni causano malattie ereditate come tratti Mendeliani. Tutta­via, l’identificazione dei ge­ni coinvolti in patologie più co­muni (come, ad esempio, la cardio­patia ischemica) è appena iniziata. Tradizionalmente le ma­lattie sono state classificate in 3 ca­tegorie distinte: la prima comprende le patologie ad esclusiva origine genetica (quelle mendeliane e le anomalie cromosomiche); le seconde sono rappresentate dai disturbi ad esclusiva origine ambientale quali i traumi o le infezioni; la terza categoria, quella multifattoriale o poligenica, comprende fenotipi ampiamente variabili in rapporto al nu­mero dei geni e dei fattori am­bientali coinvolti. Da tempo di questa classificazione si è evidenziata la inadeguatezza. Esi­sto­no, infatti, molte patologie del primo gruppo nelle quali i fattori am­bientali rivestono un ruolo fonda­mentale. Si tratta per lo più di patologie “metaboliche” quali, ad esempio la galattosemia o la fe­nilchetonuria, nelle quali una elimi­nazione se­lettiva rispettivamente del galattosio e della fenilalanina dalla dieta dei pazienti, evita le conseguenze patologiche legate alla manifestazione del difetto genetico. D’altro canto, la manifestazione clinica delle patologie in­fettive ha una notevole com­ponente genetica. Il genoma dell’individuo infetto può, infatti, determinarne le modalità di interazione con l’agente infettante e quindi l’espressione clinica e la gra­vità del quadro. Pa­ral­le­la­mente a queste considerazioni si è sviluppata, inoltre, la consapevo­lezza che il modello “un gene-una proteina” (o una malattia) era del tutto inappropriato rispetto alle molteplici possibili interazioni fra genotipo ed ambiente, la cui complessità si traduce nell’espressione fenotipica della ma­lat­tia. Inol­tre, tale com­plessità viene ulteriormente accentuata dall’esistenza di altri meccanismi regolatori (trascrizionali, post-trascrizionali, epigenetici) o dall’interazione con altri geni (cosiddetti regolatori) che, nel loro in­sieme, modulano in chiave non lineare la relazione fra genotipo e fenotipo. Si è infine evidenziata l’esistenza di una duplice fon­te di eterogeneità: quella genetica, nella quale una malattia può originarsi da mutazioni in geni diversi; e quella allelica, nella quale alterazioni diverse di uno stesso gene possono dare origine a più malattie. In questo contesto ci dobbiamo chiedere quale possa essere la posizione di un Medico la cui formazione “curricolare” sia terminata 15-20 anni fa e che non operi in ambiti direttamente coinvolti in ricerche ed applicazioni specifiche di genetica clinica, rispetto al crescere tumultuoso delle co­no­scenze in questo settore. Ancor più semplicemente, quali siano le potenziali difficoltà di tale Professionista nell’interpretare (ad esempio) i risultati di uno studio scientifico orientato ver­so problematiche e sostenuto da metodiche di genetica medica. Infine, quali problematiche deb­ba affrontare un Medico chiamato a consigliare un proprio assistito rispetto ad una eventuale diagnosi di patologia geneticamente determinata formulata nei confronti dell’assistito stesso o di un suo famigliare. Con queste premesse l’ARCA si è proposta di organizzare un processo di formazione in Ge­ne­tica clinica per il Cardiologo am­bulatoriale. In quest’ottica, al­l’inizio di quest’anno, si è tenuto a Firenze la prima edizione del corso ARCA-genetica e, nell’ambito dell’XI Con­gres­so Na­zio­na­le dell’ARCA, (Ca­ta­nia 27-30 Ottobre), si è svolta una sessione intitolata “La geneti­ca ed il cardiologo pratico”. Lo scopo di questa sessione era quello di fornire una introduzione generale all’argomento, chiarendo quale possa essere l’interesse ed il ruolo di un Cardiologo operante al di fuori di strutture di riferimento, rispetto alle questioni re­lative alla genetica clinica cardiovascolare. La sessione si è fo­calizzata su due aspetti. Il pri­mo, trattato da Corrado Romano (Troina), è quello relativo alla necessità di acquisire un linguaggio appropriato nell’ambito della genetica. “Le parole da sapere”, illustrate dal Dr Troina, non sono solo strumento di miglioramento culturale per il Cardiologo pratico, ma anche di miglioramento della qualità di comunicazione con il genetista e con il paziente eventualmente bisognoso di una consulenza clinica. Il Dr. Troina ha ripercorso le tappe decisive che hanno portato alla moderna visione della genetica medica, illustrando il glossario minimo da conoscere, ed esemplificandone le applicazioni in ambito clinico. Suc­ces­sivamente, Francesca Torricelli (Firenze), ha trattato della complessità del rapporto genotipo-fenotipo. Partendo dalle parole illustrate come cardine dal Dr. Troina, la Dr.ssa Torricelli ha svolto la propria relazione utilizzando il modello, ben noto ai Cardiologi clinici, della cardiomiopatia ipertrofica (CMI). Ne­gli ultimi 10 anni il gruppo diretto dalla Dr.ssa Torricelli ha sostenuto, in ambito genetico, l’attività clinica del Prof. Franco Cecchi e del Dr. Iacopo Olivotto rispetto a questa che è la più co­mune cardiomiopatia. La CMI, nella maggioranza dei casi, è dovuta ad una o più mutazioni in almeno 10 geni, la maggior parte codificanti proteine del sarcomero cardiaco: in particolare circa il 60% dei soggetti con CMI presentano mutazioni a carico di 3 geni principali: MYBPC3, MYH7 e TNNT2. La patologia viene eredi­tata con modalità autosomica do­minante ed ha penetranza incompleta. Stu­di pubblicati circa quindici anni fa dimostravano correlazioni genotipo-fenotipo gene di­pendente. Ad esempio mutazioni di MYH7 venivano associate a insorgenza precoce, penetranza completa, ipertrofia marcata, mutazioni MYBPC3 a penetranza incompleta, insorgenza tardiva, prognosi favorevole e in TNNT2 a ipertrofia mo­desta e alto ri­schio di morte im­provvisa. Altri la­vori mostrano tentativi di correlazione genotipo-prognosi e per alcune mutazioni è stato os­servato una diminuzione dell’aspettativa di vita con un alto rischio di morte improvvisa. Tali studi, tuttavia, presentavano importanti limitazioni co­me i piccoli numeri e il non te­ner conto di fattori am­bientali e di geni modificatori. Ad oggi si può affermare che in realtà esiste una grande eterogeneità ge­netica che si associa ad un’altrettanto elevata variabilità fe­no­tipica. Dall’analisi genetica di 450 casi indice con CMI e di 415 loro familiari, effettuata presso il Centro di Ri­ferimento per le Cardio­mio­pa­tie di Firenze, è emerso che in generale il decorso clinico e le caratteristiche fe­notipiche dei pazienti con mutazioni si sono rilevate molto eterogenee e che esiste una grande variabilità non solo inter-familiare ma anche intra-familiare. Tut­ta­via, è emerso che pazienti con mutazioni multiple (circa il 6%) presentano un fenotipo più severo, un’età d’insorgenza precoce e una più alta incidenza di morte improvvisa (Girolami F, Olivotto I et al JACC 2009). Il modello della CMI ha consentito alla Dr.ssa Torricelli di illustrare la complessità del rapporto genetipo-fenotipo in un ambito clinico ben noto, sottolineando i limiti delle conoscenze attuali e le prospettive future. Nel dibattito che ha fatto seguito è stata ribadita l’importanza della formazione sui contenuti della ge­netica clinica per migliorare la collaborazione fra clinico e ge­netista nella cura del paziente, allargando l’os­servazione clinica dal singolo paziente alla sua famiglia. Si è infine fatto cenno alle complesse problematiche etiche che soggiacciono alla disponibilità delle metodiche di diagnosi genetica, con particolare riferimento alle situazioni pre-cliniche ed all’esecuzione dei test sui minori. È ineludibile che il Cardiologo clinico allarghi le proprie conoscenze alla genetica medica per migliorare l’offerta assistenziale e di counseling per il proprio assistito. Come ogni vera formazione si dovrà immaginare un percorso e non un singolo traguardo, che si snodi a partire dallo sviluppo di un “glossario” condiviso con i genetisti… ed attendere una nuova edizione di ARCA-genetica.

Stefano Nistri
Centro Studi Arca