Scompenso e coronaropatia: Think different

Nuove evidenze nella gestione terapeutica dello scompenso cardiaco e della coronaropatia stabile cambiano la vita dei pazienti. Allargamento della rimborsabilità per ivabradina.

4-2010-18-1Lo studio SHIFT (Systolic Heart Failure Treatment with the If inhibitor Ivabradine Tri­al) è il più grande studio di morbi-mortalità mai realizzato sullo scompenso cardiaco, in­cludendo 6.505 pazienti affetti da insufficienza cardiaca da moderata a grave, provenienti da 37 paesi ed è stato l’unico studio degli ultimi anni a dimostrare una chiara e importante riduzione degli eventi maggiori dello scompenso cardiaco. Il farmaco anti-ischemico ivabradina è stato somministrato on top alla terapia ottimale per lo scom­­penso, spinta al massimo dosaggio tollerato dai pazienti, come indicato dalle Linee Guida internazionali. In particolare, il 90% dei pazienti dello studio era già in trattamento con beta-bloc­cante, il 91% as­sumeva ACE-inibitore o sartano, l’84% un diuretico, il 60% un an­tagoni­sta dell’aldostero­ne ed il 22% la digitale. Iva­bradina, in ag­giunta a queste te­rapie, ha di­mostrato inconfutabili benefici in tutte le tipologie di scompensati: ha ridotto del 18% l’end-point primario mortalità car­diovascolare ed ospedalizzazione per scompenso cardiaco, del 26% la mortalità per scompenso cardiaco (Figura 1) e sempre del 26% l’ospedalizzazione per scom­penso (Figura 2). È importante notare che questi risultati, oltre ad essere statisticamente significativi, sono tutti clinicamente molto rilevanti: le curve Kaplan-Meier, infatti, in­co­minciano a di­vergere già do­po solo tre mesi di terapia con iva­bradina e continuano ad allontanarsi nel tempo. In particolare il dato che 1 scompensato su 4 non viene ricoverato si traduce in una importante riduzione della spesa sanitaria, ma soprattutto nel fatto che i pa­zie­nti stessi si sentono subito me­glio e percepiscono il netto cambiamento della qualità di vi­ta. I risultati dello studio SHI­FT, nonostante la loro importanza, non dovrebbero me­ra­vigliare se si considera che ivabradina ha già dimostrato nei pazienti coronaropatici dei benefici chiari e ragguardevoli sia in termini di efficacia anti-ischemica, con conseguente mi­gli­o­ra­mento della capacità funzionale e quindi della qualità di vita, sia in termini di miglioramento della prognosi. 4-2010-18-2Lo studio ASSOCIATE (Eva­lu­a­tion of the Anti-anginal effica­cy and Sa­fety of the as­SO­cia­tion of the If Current inihibitor Iva­br­Adi­ne with a beTa-bloc­kEr) ha di­mo­strato che ivabradina, ag­giunta al beta-bloccante al massimo dosaggio tollerato, mi­gli­ora tut­ti i parametri della pro­va da sforzo, mostrando una potenza anti-ischemica tre volte superiore al beta-bloccante da solo (Figura 3). La potenza anti-ischemica è do­vuta al miglioramento della riserva coronarica che ivabradina induce sotto sforzo, a differenza dei beta-bloccanti. Ivabradina, in­fatti, ri­duce il consumo di ossigeno da parte del miocardio, at­tra­ver­so la riduzione della frequenza car­diaca e, inoltre, sotto sforzo pre­serva la dilatazione co­ro­na­rica, a differenza dei beta-bloccanti, e au­menta la durata della diasto­le più dei beta-bloccanti. Ne deriva che ivabradina conduce a due ore e mezza di diastole in più ri­spetto ai beta-bloccanti, con miglioramento della soglia ischemica e della prognosi. Nello studio BEAUTIFUL (Mor­bidity-Mortality Eva­lua­tion of the If Inhibitor Iva­bra­di­ne in Pa­tients with Co­ro­na­ry Artery Disease and Left Ven­tricular Dysfunction) ivabradina ha di­mostrato importanti benefici in termini di miglioramento della prognosi in pazienti affetti da coronaropatia stabile. 4-2010-18-3Nel sottostudio che ha considerato 1.507 co­ronaropatici sintomatici, ivabradina, in aggiunta ad una terapia convenzionale ottimale, ha ri­dot­to del 24% l’incidenza di mor­talità cardiovascolare, in­far­to e scompenso cardiaco e del 42% l’ospedalizzazione per in­farto del mio­cardio fatale e non fatale. In conclusione, il data base dei trial con ivabradina include più di 20.000 pazienti tra coronaropatici e scompensati, in cui il farmaco ha dimostrato di essere un potente anti-ischemico che mi­gliora la prognosi in totale sicurezza, in quanto, in tutti gli studi di associazione con beta-bloccante, i casi di bradicardia sintomatica sono stati rarissimi. Per questi motivi è stato aggiornato il piano terapeutico per la rimborsabilità di ivabradina (Gazzetta Ufficiale Numero 272 del 20/11/2010) in associazione al beta-bloccante in tre profili di pazienti: nei pazienti con frequenza cardiaca superiore 70bpm e con disfunzione ventricolare sinistra, in quelli con frequenza cardiaca superiore 60bpm e senza segni di scompenso e quelli che hanno un test provocativo positivo nonostante il beta-bloccante.

Francesca Cionini
Cardiologia AO “Carlo Poma”
Mantova