Il controllo del profilo lipidico nel paziente ad alto rischio cardiovascolare deve considerare tutte le frazioni lipidiche che espongono a tale rischio.
La mortalità cardiovascolare si è ridotta di oltre il 50% negli ultimi decenni determinando oltre due terzi dell’allungamento della vita media (circa 6 anni) registratosi negli ultimi 30 anni dello scorso secolo. La riduzione della mortalità cardiovascolare è attribuibile al migliorato controllo dei principali fattori di rischio cardiovascolare classici ed, in particolare, il principale contributo è stato dovuto alla riduzione dei livelli di colesterolemia nella popolazione generale, seguito dalla riduzione dei livelli di pressione arteriosa e dal contrasto al fumo di sigaretta. Viceversa, il progressivo aumento della prevalenza dell’obesità e del diabete ha agito in controtendenza, limitando il beneficio delle politiche di prevenzione cardiovascolare. Tuttavia, le malattie cardiovascolari continuano a rimanere la principale causa di mortalità e morbilità in tutto il pianeta e i pazienti che hanno sofferto un precedente episodio cardiovascolare continuano a rimanere a rischio residuo elevato di svilupparne un successivo. Infatti, nonostante la maggior parte dei pazienti che hanno subito un precedente evento cardiovascolare assuma statine, come indicato dall’ultimo EUROHEART Survey, nella maggior parte dei casi gli obiettivi di colesterolemia LDL indicati dalle linee guida non sono raggiunti. In un recente studio osservazionale italiano, condotto in circa 900 pazienti che avevano subito tra i 12 e i 24 mesi precedenti un evento cardiovascolare ischemico, si è potuto osservare che il 91% assumeva una statina all’atto dell’arruolamento avvenuto mediamente 17 mesi dopo l’evento ischemico, ma in oltre i due terzi l’obiettivo di colesterolemia LDL<70 mg/dl non era raggiunto (Figura 1). Allo stesso modo, solo un terzo circa dei soggetti ipertesi in trattamento ottiene un soddisfacente controllo dei valori pressori. Dunque, esiste una discrepanza tra compliance al trattamento e raggiungimento dei target terapeutici che si traduce in un eccesso di eventi cardiovascolari che potrebbero essere evitati. Le cause di tale discrepanza sono molteplici e certamente, in parte, collegate alla mancata consapevolezza da parte di molti Medici e pazienti dell’importanza del raggiungimento degli obiettivi terapeutici indicati dall’evidenza degli studi clinici d’intervento. Il controllo lipidico rimane tuttora il principale bersaglio della prevenzione cardiovascolare e la colesterolemia LDL il principale fattore di rischio da correggere. A questo scopo, la terapia con statine, in aggiunta ad un corretto regime alimentare, rimane il caposaldo della terapia di prevenzione cui va ascritta la quota principale della riduzione del rischio cardiovascolare. Tuttavia, il colesterolo LDL non è il solo fattore lipidico correlato al rischio cardiovascolare ed i bassi livelli di colesterolemia HDL e gli elevati livelli di trigliceridi rivestono un ruolo prognostico incrementale ed indipendente, a parità di LDL, come riportato dai dati del Framingham Heart Study. Il controllo di questi fattori di rischio è stato finora ostacolato dalla paucità di studi clinici randomizzati e dalla mancata disponibilità di farmaci efficaci e ben tollerati, tali da poter essere utilizzati agevolmente nella pratica clinica. Quindi, molti pazienti continuano a presentare un profilo lipidico insoddisfacente, con elevati livelli di trigliceridi e bassi livelli di HDL nonostante studi clinici abbiano dimostrato un beneficio in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari ottenuto dal miglioramento di tali parametri lipidici. La niacina è attualmente l’unico farmaco capace di agire favorevolmente e contemporaneamente sui livelli di trigliceridi, LDL ed HDL che abbia dimostrato un benefico clinico in studi clinici randomizzati. Il meccanismo di azione della niacina consiste essenzialmente in una riduzione della lipolisi a livello degli adipociti dove verrebbe inibito il rilascio degli acidi grassi liberi, con conseguente diminuzione della disponibilità epatica degli acidi grassi liberi e delle VLDL da cui si formano i trigliceridi ed il colesterolo LDL. Nel Coronary Drug Project, studio clinico randomizzato contro placebo con differenti interventi sul profilo lipidico, la niacina ha determinato, in un periodo di cinque anni, una riduzione del 27% dell’infarto miocardico ricorrente in confronto a placebo in oltre 8.000 pazienti che già avevano sofferto un precedente evento (Figura 2). Nel successivo follow up prolungato a 15 anni, dopo la sospensione del trial, si è osservata una riduzione significativa della mortalità totale dell’11%, verosimilmente dovuta alla precedente riduzione degli eventi ed agli effetti favorevoli sul profilo lipidico. Tuttavia, la niacina è gravata da un frequente effetto collaterale: il flushing, che ne ha finora fortemente limitato l’impiego clinico. Tale effetto è risultato largamente prevenuto dalla associazione niacina+laropiprant, in una unica formulazione farmacologica. Il laropiprant agisce, infatti, bloccando i recettori prostaglandinici DP1 responsabili della vasodilatazione indotta dalla niacina attraverso le prostaglandine D(2)PGD(2). In uno studio recente l’aggiunta di niacina+laropiprant (al dosaggio di 1gr/die di niacina nella prima settimana, incrementato a 2gr/die nel resto dello studio) alla terapia con statina per un periodo di 24 settimane ha determinato in confronto al placebo una riduzione ulteriore del colesterolo LDL del 19%, con un aumento delle HDL del 20% ed una riduzione dei trigliceridi del 25%. Ma soprattutto si è osservata una drastica riduzione del flushing che nella prima settimana di trattamento occorreva nel 30% dei pazienti e che nella seconda settimana di trattamento si è ulteriormente ridotto avvicinandosi alla percentuale del gruppo in placebo. In una analisi post-hoc dello studio, inoltre, è stata riportata una significativa riduzione di circa 3 mmHg dei valori di pressione arteriosa sistolica e diastolica dei pazienti trattati con niacina+laropiprant confrontata al placebo. Dunque, l’associazione niacina+laropiprant consente di intervenire favorevolmente sull’intero profilo lipidico, comprese le LDL, e potrebbe, pertanto, portare a target un’importante quota di pazienti in terapia con statine che attualmente non lo sono, come suggerito da un recente studio in cui pazienti non a target venivano randomizzati a una strategia di raddoppio della dose di statina (atorvastatina o simvastatina) o di inizio di niacina+laropiprant in aggiunta alla dose usuale di statina, dimostrando, per questo ultimo approccio, un migliore beneficio in termini di modifiche dei principali parametri lipidici. L’azione favorevole sull’intero profilo lipidico determinata dalla niacina potrebbe potenzialmente aggiungere ai benefici della riduzione del colesterolo LDL i benefici addizionali sulla prevenzione degli eventi cardiovascolari dell’aumento delle HDL e della riduzione dei trigliceridi.
Pasquale Perrone Filardi Università Federico II di Napoli
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Il clinico deve saper valutare il rischio controllando tutti i parametri metabolici le LDL < a 70 mg%, e se continuasse ad essere presente un rischio residuo(basso HDL e alti trigliceridi) intervenire anche su queste compoenenti.L'acido nicotinico+ laropiprant sono le molecole a cui fare riferimento