LE GRANDI SFIDE DELLA CARDIOLOGIA

Pro e contro sui nuovi modelli assistenziali, gli effetti cardiovascolari dell’abuso di cocaina, le cellule staminali miocardiche… tutto a CardioLucca 2010.

08-1-2011Lo scorso Novembre si è tenuto il sesto Meeting CardioLucca 2010, nuova tappa di un itinerario culturale avviato anni fa da Francesco Bovenzi, primario della Cardiologia di Lucca. Come è stato per Dante nella Divina Commedia che, nel suo cammino anche di scienza, dove tutto ciò che si conosce, ciò che appare e accade, diventa una premessa al fondamento della verità “nel ciel che più della sua luce prende”, così, a partire dalle evidenze, si sono trattate e discusse le problematiche cliniche più attuali in ambito cardiologico. “Le grandi sfide della Cardiologia”, questo il titolo del convegno, sono state armonizzate e collocate in una sorta di allegorico viaggio dantesco volto alla scoperta di nuove conoscenze partendo dalle ultime evidenze cliniche disponibili. Molti sono stati gli interventi e le letture magistrali tenuti da esponenti italiani di spicco del settore cardiovascolare, dando vita a dibattiti accesi e costruttivi. Non poteva mancare un intero simposio dedicato ad uno degli argomenti più attuali nello scenario cardiologico italiano e, soprattutto, toscano: l’imminente organizzazione degli ospedali per intensità di cure e il ruolo, cruciale, della specialistica cardiologica in questo senso, tema affrontato da Leonardo Bolognese, direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Azienda Ospedaliera S. Donato di Arezzo. La precaria sostenibilità economica, il progressivo invecchiamento della popolazione e la crescente complessità clinica ed organizzativa hanno portato alla ricerca di nuovi modelli assistenziali, ciò definito con il termine inglese “health care redesign”, cioè una trasformazione radicale che parte dall’azzeramento delle pratiche assistenziali tradizionali per arrivare a fornire il miglior processo per una erogazione rapida ed efficace delle cure, muovendosi dalla prospettiva del paziente. La soluzione viene identificata nell’adozione di strategie trasformazionali di provenienza industriale: la più popolare è il cosidetto “pensiero snello” (lean thinking) che caratterizza il Toyota Production System al quale esplicitamente si richiama il modello assistenziale per intensità di cure. In breve, applicato alla sanità, tale modello prevede tre livelli di cura assegnanti alle degenze: il primo livello unificato è attribuito alla terapia intensiva e subintensiva; il secondo, organizzato per aree funzionali, comprende il ricovero ordinario ed il ricovero a ciclo breve; il terzo è dedicato alla cura della post-acuzie o “low care”. Due le figure sanitarie chiave: il medico “tutor” che prende in cura il paziente, ne stende il piano clinico ed è responsabile del suo percorso e l’infermiere referente responsabile dell’assistenza e dei risultati del progetto assistenziale. Quindi, la scomparsa dei dipartimenti e l’applicazione di un modello di cura e assistenza appropriato al bisogno, in cui gli Specialisti intervengono sui pazienti ovunque essi siano, favorendo la creazione di un team multidisciplinare. Numerose le perplessità legate alle Cardiologia: innanzitutto, i dipartimenti cardiovascolari hanno rappresentato negli anni una conquista, consentendo percorsi assistenziali diagnostico-terapeutici omogenei ed epidemiologicamente rilevanti ed in questo modello ne viene dato scarso rilevo; centrale, poi, lo spazio fisico di cura delle UTIC, accorpate in grandi aree subintensive, perdendo la specialistica competenza ed eliminando le evidenze maturate in 50 anni di ricerca applicata alla clinica. Anche dopo la presentazione di Gianni Maria Santoro, che ha riportato una delle prime esperienze di struttura operativa funzionale di Cardiologia da lui diretta a Firenze, la comunità cardiologica ha risposto non sottraendosi a cooperare con le istituzioni ma auspicando ad una condivisione del nuovo modello culturale in cui ribadire il ruolo centrale della Cardiologia nell’interesse del paziente e delle competenze degli operatori. Sempre sul filo conduttore di sfide in ambito cardiologico, non poteva mancare una sessione dedicata alle troponine ultrasensibili in cui Marcello Galvani ha chiaramente mostrato come, con queste metodiche oramai diffuse e disponibili, vi sia una sensibilità di riconoscimento di danno miocardico elevatissima ma come non sia specchio di un danno ischemico del miocita, riportando alla luce il ruolo chiave del Medico sia nella appropriatezza della richiesta di tale marker che nell’interpretazione del dato con il necessario recupero della clinica (Figura 1). 09-1-2011Attesissima è stata poi la relazione di Giovanni Ferlan sulla possibile rigenerazione tissutale miocardica con l’utilizzo di cellule staminali, il cui impiego ha fortemente stimolato la ricerca scientifica nel trattamento delle cardiopatie caratterizzate dalla grave perdita di miocardiociti nativi, in primis, nel post-infarto prospettando, inoltre, l’utilizzo di cellule funicolari umane caratterizzate da grande plasticità e più facile reperibilità. Nell’ambito della cardiologia clinica, la relazione di Sergio Berti ha affrontato le tematiche relative alle malattie cardiovascolari conseguenti all’assunzione di cocaina; un problema non nuovo ma che negli ultimi anni ha assunto proporzioni crescenti, come è emerso dai dati epidemiologici presentati dal Colonello Leone della Guardia di Finanza, comando Provinciale di Lucca (Figura 2). Parte della presentazione è stata dedicata al cambiamento dell’utenza che vede globalmente un aumento del fenomeno e parallelamente un cambiamento del profilo sociale degli utilizzatori: è stata osservata una maggior diffusione tra i giovani e gli appartenenti a classi sociali meno abbienti, verosimilmente conseguenza della maggior “popolarità” della droga. I consumatori abituali presentano, rispetto ai non consumatori, una superiore incidenza (circa 11 volte) di malattie cardiovascolari, 12 volte di eventi coronarici acuti e circa 8 volte di endocardite/pericardite. Di notevole interesse la descrizione dei percorsi diagnostico-terapeutici da applicare nelle cardiopatie cocaina-correlate, svolti nella seconda parte della relazione. Tra i molti momenti a comune con le forme non conseguenti all’assunzione del farmaco si colgono punti di notevole specificità, la cui conoscenza incide fortemente sulla prognosi finale, rendendo tali conoscenze bagaglio culturale imprescindibile per il Cardiologo. Nell’attraversamento del buio dell’Inferno dantesco, si sono collocati poi i simposi riguardanti l’utilizzo di farmaci anticoagulanti ed antiaggreganti nelle sindromi coronariche acute in cui le “guide virgiliane” hanno apportato chiarificazioni: rispettivamente, Stefano Savonitto ha passato in rassegna le principali evidenze disponibili su bivalirudina nell’angioplastica primaria e Stefano De Servi ha presentato criticamente i risultati sui farmaci bloccanti il recettore P2Y12. 10-1-2011Non sono mancate, inoltre, relazioni dedicate alla Cardiologia Interventistica. L’intervento coronarico percutaneo (PCI), durante infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), può causare embolizzazione distale di materiale trombotico, causando un danno microvascolare. Esistono ad oggi diversi dispositivi intracoronarici di aspirazione manuale o reolitica del trombo che sono utilizzati come terapia addizionale alla PCI e che sono stati associati ad un miglioramento acuto della perfusione miocardica. Leonardo De Luca, U.O. Cardiologia Interventistica dell’Europen Hospital di Roma, ha passato in rassegna gli studi principali sui dispositivi di trombectomia, evidenziandone i limiti e i punti di forza e sottolineando come manchino ancora solidi dati in letteratura affinché questi nuovi device possano essere associati con certezza a benefici clinici a lungo termine e siano considerati indispensabili per i pazienti con STEMI da sottoporre a PCI. Sempre un intervento di Leonardo Bolognese ha preso in considerazione l’attendibilità clinica di end point surrogati (ovvero marker biologici correlati ad eventi clinici avversi) comunemente utilizzati negli studi clinici sull’infarto miocardico acuto (IMA). Attraverso un’analisi dettagliata dei principali trial clinici sulla riperfusione miocardica, è stato possibile dimostrare che, sebbene alcuni end point surrogati possano stabilire chiaramente una certa attività biologica di alcuni trattamenti, essi spesso non forniscono un’evidenza attendibile sulla loro reale efficacia clinica. Interessanti sono stati inoltre i dati e le suggestive immagini presentate da Giulio Guagliumi sull’OCT (optical coherence tomography) nella caratterizzazione delle lesioni coronariche e sul corretto posizionamento/endotelizzazione degli stent. Durante il convegno è stato dato spazio anche ai risultati, presentati da Zoran Olivan, dello studio “Blitz 4 qualità” promosso da ANMCO al fine di misurare gli indicatori di performance, fornire un rapido feedback ai centri partecipanti e, contemporaneamente, ottenere un quadro aggiornato dello stato della gestione delle sindromi coronariche acute in Italia in fase acuta e post-acuta (Figura 3). Il contributo dell’esperienza lucchese è stato portato rispettivamente da Lauro Cortigiani, esperto internazionale di eco stress, e da Roberto Lorenzoni che ha presentato dati innovativi in via di pubblicazione sull’utilizzo dell’approccio radiale, sempre più applicato nell’interventistica coronarica per la provata efficacia a vantaggio di una riduzione delle complicanze emorragiche, anche per l’angioplastica agli arti inferiori. Molti altri ancora i simposi e le relazioni che meriterebbero di essere citati con un invito, quindi, a partecipare al prossimo momento di incontro, di aggiornamento e di scambio culturale come già si prospetta CardioLucca 2011.

Daria Brogi
Dipartimento Cardio-Respiratorio - U.O. di Cardiologia - Lucca