Prevalenza e impatto clinico della carenza marziale nei pazienti sottoposti a TAVI
Fonte: Rheude T et al. Am J Cardiol. 2019 Aug 7. doi: 10.1016/j.amjcard.2019.07.051.

I pazienti per i quali viene posta indicazione all'impianto transcatetere della valvola aortica (TAVI) sono in genere anziani che presentano diverse comorbilità, le quali possono influenzare negativamente la prognosi nonostante il buon esito della procedura. Inoltre, in questi pazienti è comune il riscontro di una carenza marziale. La prevalenza e l'impatto clinico della carenza di ferro nei pazienti sottoposti a TAVI sono ancora poco conosciuti e sono stati oggetto di questo studio, condotto da Rheude e colleghi su 495 pazienti trattati con TAVI transfemorale per una stenosi aortica grave sintomatica. L'endpoint primario dello studio era rappresentato dal composito di mortalità da tutte le cause, riospedalizzazione non programmata per peggioramento dell'insufficienza cardiaca o trasfusioni di globuli rossi durante il primo anno dopo la TAVI. Il deficit marziale è stato definito in presenza di livelli di ferritina <100 ng/mL oppure di 100–300 ng/mL ma associati ad una saturazione della transferrina <20%. L'endpoint primario si è verificato nel 22% (109/495) della popolazione. Una carenza di ferro è stata riscontrata nel 54% (268/495) dei pazienti ed era associata a un tasso più elevato dell'endpoint primario (27.6% [74/268] versus 15.4% [35/227]; p=0.001). L'associazione tra la carenza di ferro e l'endpoint primario è rimasta significativa anche all’analisi multivariata (hazard ratio 1.64, IC 95% [1.08-2.48]; p=0.019). In un sottogruppo di pazienti con carenza di ferro (n=56), è stata possibile la somministrazione di ferro per via endovenosa prima della procedura, con conseguente notevole miglioramento della ferritina, della saturazione della transferrina e dei sintomi al follow-up a 30 giorni. In conclusione, i pazienti sottoposti a TAVI presentano spesso una carenza di ferro, che influenza negativamente la prognosi e aumenta il rischio di outcome post-procedurali sfavorevoli. La correzione della carenza di ferro per via endovenosa sembra attuabile in questi pazienti, per cui i prossimi studi dovranno chiarire se possa essere utile per ridurre la necessità di trasfusioni e migliorare gli outcome clinici post-procedurali.

 

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