Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori coordinati da Bonaccio M del Neuromed di Pozzilli. Il peperoncino è una parte abituale della dieta mediterranea. Tuttavia, i dati epidemiologici sull'associazione tra assunzione di peperoncino e rischio di mortalità sono scarsi, pertanto i ricercatori hanno voluto esaminare l'associazione tra consumo di peperoncino e rischio di morte in un ampio campione della popolazione italiana adulta e spiegare i mediatori biologici dell'associazione. Sono state condotte analisi longitudinali su 22.811 uomini e donne arruolati nel Moli-sani Study (2005-2010). L'assunzione di peperoncino è stata stimata dal questionario sulla frequenza alimentare EPIC (European Prospective Investigation Into Cancer) e classificata come nessuna / consumo raro, fino a 2 volte a settimana, da> 2 a ≤4 volte a settimana e> 4 volte a settimana.  Nel corso di un follow-up medio di 8,2 anni, sono stati accertati un totale di 1.236 decessi. I rapporti di rischio multivariabili (HR) per mortalità per tutte le cause e per malattie cardiovascolari (CVD) tra i partecipanti che lo assumevano regolarmente (> 4 volte / settimana) e quelli che lo assumevano raramente o non lo assumeva erano 0,77 (intervallo di confidenza al 95% [CI]: da 0,66 a 0,90) e 0,66 (IC al 95%: da 0,50 a 0,86), rispettivamente. L'assunzione regolare era anche inversamente associata a cardiopatia ischemica (HR: 0,56; IC al 95%: da 0,35 a 0,87) e rischio di morte cerebrovascolare (HR: 0,39; IC al 95%: da 0,20 a 0,75). L'associazione tra consumo di peperoncino e mortalità totale è risultata più forte nei soggetti senza ipertensione (p per interazione = 0,021). Tra i biomarcatori noti per CVD, solo la vitamina D sierica rappresentava marginalmente tali associazioni.