Contributo genetico all’esordio precoce del diabete mellito tipo 2: una ricerca italiana
Fonte: Fonte: Pezzilli S et al, EASD 2020.

Parla italiano una ricerca divulgata in occasione del meeting annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD), in cui viene valutato il ruolo di specifiche varianti geniche nell’esordio precoce del diabete mellito tipo 2. A partire da un’ampia serie di casistiche di pazienti adulti affetti da diabete mellito tipo 2, raccolte grazie alla collaborazione tra diversi centri diabetologici universitari e ospedalieri del Centro-Sud Italia e dell’area urbana di Roma, i ricercatori hanno selezionato 600 pazienti per uno studio caso-controllo 1:1, in cui i due gruppi differivano per età di esordio del diabete (≤35 anni per i casi, ≥65 anni per i controlli). Il loro DNA è stato sottoposto a sequenziamento di nuova generazione relativamente a 27 geni noti per essere responsabili di diabete monogenico ed a genotipizzazione di 22 polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) precedentemente associati al rischio di diabete mellito tipo 2 nell’ambito di studi di associazione sull’intero genoma (GWAS). I risultati sono stati poi utilizzati per la definizione di uno score di rischio genetico. Si è così scoperto che le varianti rare e potenzialmente patogenetiche aumentavano del 71% il rischio di diabete ad esordio precoce, tanto più quanto minore era la frequenza delle varianti, fino ad un aumento di oltre 6 volte il rischio per varianti rarissime (≤1:50.000 individui). Inoltre, ognuno degli SNPs noti per influenzare la suscettibilità al diabete mellito tipo 2 aumentava in media del 20% la probabilità di un esordio precoce della malattia. In altri termini, entrambe le tipologie di varianti genetiche di suscettibilità al diabete, sia rare che comuni, contribuivano a spiegare il rischio di insorgenza precoce della malattia, ampliando così la comprensione del background genetico sottostante la malattia ad esordio precoce. I risultati di questa ricerca offrono la potenzialità di contribuire all’individuazione precoce di individui a più alto rischio, nella prospettiva di migliorare le strategie di prevenzione e di ritardare l’esordio della malattia.

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