FOTOGRAFIA POST RIVASCOLARIZZAZIONE

Presentati al congresso SIC 2010 i dati del registro REOART dell’ANCE su ciò che succede ai pazienti rivascolarizzati gestiti dai Cardiologi del Territorio e dai Medici di Medicina Generale.

01-1-2011Negli ultimi quindici anni la vita media delle popolazioni nei paesi occidentali è aumentata di circa 10 anni. La cardiologia ha contribuito per sei anni e nove mesi, mentre l’oncologia solo per due anni e quattro mesi. Malgrado ciò in Europa ogni 26 secondi vi è un attacco cardiaco ed ogni minuto un decesso per malattie cardiovascolari. Il 38% di chi ha avuto un attacco cardiaco muore entro l’anno e quindi le malattie cardiovascolari tengono ancora il triste primato della mortalità nel mondo. La malattia coronarica costituisce il perno attorno al quale ruota la mortalità, mentre la rivascolarizzazione delle arterie coronariche è uno dei fattori che hanno maggiormente contribuito a ridurne la mortalità; tuttavia, è corretto ricordare che quanto noi possiamo fare oggi non elimina “la malattia” ma può ridurre i sintomi del paziente tanto da consentirgli spesso una ottima qualità di vita, almeno per un certo numero di anni poi, in alta percentuale, si ha un ulteriore fenomeno coronarico occlusivo. In altre parole abbiamo trasformato una malattia acuta in cronica e ne abbiamo rinviato l’exitus. 02-1-2011L’ANCE, l’Associazione Nazionale dei Cardiologi del Territorio, nel 2009 ha ritenuto opportuno indagare a fondo su ciò che avviene dopo la rivascolarizzazione in quanto, del coronaropatico rivascolarizzato, si sa molto delle sue condizioni prima dell’intervento e nel primo anno, periodo durante il quale effettua i controlli in Ospedale, poco dopo, nei pazienti pauci o asintomatici. Questa indagine è stata realizzata dando vita al Registro REOART (Registro Epidemiologico Osservazionale sul Rivascolarizzato nel Territorio), utilizzando un particolare modello di ricerca innovativo detto “fotografico”. 360 Cardiologi e Medici di Medicina Generale per circa 12 mesi hanno condotto questo nuovo modello di ricerca su circa 3.500 pazienti partendo da una semplice domanda posta al paziente quando giungeva nel loro ambulatorio: lei è stato rivascolarizzato? Perché? Quando? Solo in caso affermativo si iniziava la compilazione dei moduli del Registro REOART. Perché il paziente giunge nel nostro ambulatorio? Nella maggior parte dei casi perché desidera aver rinnovata la prescrizione di quei farmaci che assume abitualmente; poi per sintomatologia varia non correlata alla patologia cardiaca e solo nel 18% per disturbi cardiaci lievi. 03-1-2011I dati in nostro possesso hanno evidenziato che esiste una popolazione di rivascolarizzati assai diversa da quella che seguono i colleghi ospedalieri. Il nostro è un paziente con modesta sintomatologia cardiaca: sta bene; ha ottime capacità fisiche e tutta la sua diagnostica cardiaca post-intervento è più che soddisfacente; ha FE nel 70% dei casi maggiore di 45 ed è in I classe NYHA nel 67% dei casi. Il primo dato che ci ha fatto capire che eravamo di fronte ad una popolazione particolare era che poco più della metà di questi soggetti aveva effettuato il primo intervento sulle coronarie tra i 50 ed i 60 anni (Figura 1), quindi eravamo di fronte ad una popolazione di individui giovani i quali, subito dopo la rivascolarizzazione, hanno potuto riprendere la loro vita in modo pressoché normale. Ciò in contrasto con quella popolazione di pazienti che esegue la rivascolarizzazione in età più avanzata e che per ovvi motivi rimane per anni sotto un prolungato controllo ospedaliero. Il nostro è un paziente che fa terapia antiaggregante nel 92% dei casi, ipolipemizzante nell’87% (Figura 2) oltre agli antiipertensivi, ai beta bloccanti, agli ace-inibitori, ai diuretici ed a tutti quegli altri farmaci necessari per il trattamento delle patologie collaterali. Ma ciò che è venuto alla luce dalla nostra ricerca è che tutti questi pazienti assumono i farmaci a dosi assolutamente insufficienti: ad esempio le statine vengono assunte alla dose mediamente non superiore, ma spesso inferiore, ai 26 mg/die! (Figura 3). Le buone condizioni fisiche dei soggetti del REOART sono state confermate dalle capacità lavorative. Grazie alla collaborazione dei colleghi dell’INPS abbiamo potuto registrare che il 36% di questi soggetti rivascolarizzati svolge normale attività lavorativa e tra coloro che non lavorano devono essere considerati tutti quelli che erano già pensionati prima dell’intervento coronarico, pari al 64% (Figura 4). In genere, chi è tornato al lavoro lo ha fatto dopo solo tre mesi. Anche questo dato, poco noto in letteratura, è assolutamente differente da quanto accade per i pazienti rivascolarizzati che sono seguiti in Ospedale, i quali per la maggior parte dei casi hanno marcata persistenza della sintomatologia cardiaca con segni di deficit: angor, dispnea e stasi periferica e che quindi rimangono lontani da qualsiasi attività lavorativa. 04-1-2011A questo proposito abbiamo fatto un’accurata ricerca bibliografica ed abbiamo reperito un solo lavoro relativamente simile al nostro ma con dati riferiti a soli 200 pazienti sottoposti soltanto ad angioplastica primaria percutanea. Tutti gli altri lavori che hanno valutato la situazione del rivascolarizzato a distanza di tempo dall’intervento confrontano by-pass, PCI o intensa terapia farmacologica cercando di testare quale di questi tre rimedi sia quello di maggior successo. Altro dato emerso dal nostro studio è quello relativo ai fattori di rischio, cioè a quali tra questi possono aver influito nel provocare il danno coronarico. Troviamo al primo posto l’ipertensione e le dislipidemie, cui fanno seguito, nel 52% dei casi, le vasculopatie arteriose periferiche. Questo dato poco noto può indicarci anch’esso un particolare elemento anamnestico, con caratteristiche anatomopatologiche peculiari, forse non sufficientemente valutato tra i più frequenti fattori di rischio. Nella popolazione territoriale il nostro paziente, per almeno sette anni, non ha particolari problemi ma nel 20% dei casi deve ricorrere ad una nuova rivascolarizzazione che effettua dopo circa 4 anni. Perché le due popolazioni (Ospedale/Territorio) sono così differenti? Perché il paziente più sintomatico ricorre di più all’ausilio ospedaliero, mentre il nostro, che in genere è più giovane, essendo asintomatico, dimentica di aver subito un così importante intervento e fa ricorso al suo medico solo per motivi differenti da quelli della sfera cardiaca; fa terapia sotto dosata e spesso con intervalli terapeutici inaccettabili. Ciò ci viene confermato da coloro che hanno subito la seconda rivascolarizzazione: in questi soggetti, certamente più sofferenti, le dosi dei farmaci sono più elevate e la terapia è più costante (statine non 26 mg ma 30 mg/die!) (Figura 3). Lo studio REOART, condotto con il modello “Registro fotografico”, non ha precedenti in letteratura e ci ha consentito di esaminare il paziente che ha quella patologia e che è stato sottoposto a quell’intervento, senza effettuare alcuna selezione primaria, così come avviene normalmente in tutti i trial. Molto di recente, in occasione del Congresso ANMCO 2010, il Presidente della Società Europea di Cardiologia ha sottolineato che sarebbe opportuno modificare i modelli di ricerca nel paziente che non è ospedalizzato, cioè in quel paziente che il medico visita nel’ambulatorio ospedaliero o nell’ambulatorio del territorio. Lui ha proposto studi di rete, di nicchia e di aree critiche poco note, specificando le tre indicazioni: La rete: il paziente da inserire in questa ricerca deve giungere spontaneamente dal medico che lo immette nel registro di quella particolare patologia; nel nostro caso è il paziente coronaropatico che ha effettuato l’intervento di rivascolarizzazione. La nicchia: il paziente si trova in una condizione patologica attiva ma spesso silente, apparentemente guarita ma in realtà solo rinviata: la patologia coronarica ne è esempio tipico. L’area: è quella area critica a confini clinici mal definiti ma con facili ricadute e pesante mortalità improvvisa; dati questi tipici per la coronaropatia stabilizzata. Il Registro REOART ha operato anticipando queste nuove proposte di ricerca sottolineate dal Presidente dell’ESC e l’ANCE, ancora una volta, ha maturato sul suo campo, nel territorio, quelle necessità fondamentali indispensabili a realizzare, con la migliore conoscenza delle patologie dei propri assistiti, la vera ricerca ambulatoriale.

Carlo Fernandez
Direttore del Giornale Italiano di Cardiologia Pratica

 
GIANFRANCO BAGGIONI
Non viene riportata la tipologia del paziente prima dell' intervento . Sarebbe molto interessante conoscere se si trattava di angina instabile ,angina stabile da sforzo , infarto del miocardio angina stabile da sforzo refrattatria alla terapia,numero dei vasi trattati etc.
inserito il: 05-03-2011 14:13
 
 
MARIO UGO MIRABELLA
ottimo studio con ricadute positive sulla programmazione del follow up post rivascolarizzazione
inserito il: 08-03-2011 18:46
 
 
GIUSEPPE LA ROCCA
studio eccellente, ha permesso di monitorizzare pazienti che dopo i controlli programmati si sarebbero persi.
Inoltre ha costretto Medici di MG e specialisti Caardiologi a collaborare.
inserito il: 17-03-2011 17:23
 
 
MARIA DIVINA PASCUZZO
Individuare i soggetti con S. Metabolica, nella popolazione che afferisce al MMG, potrebbe contribuire non solo capire quali altri soggetti vadano incontro a rivascolarizzazione,oltre agli ipertesi e ai dislipidemici, ma darebbe un contributo significativo in termini di prevenzione.
inserito il: 28-03-2011 15:08
 
 
GIOVANNI DE LONGIS
Non ha alcun senso indicare la dose media di statine (26 mg\die). Ovviamente esiste enorme differenza tra i dosaggi efficaci delle varie statine (ad es. simvastatina-rosuvastatina-atorvastatina).
inserito il: 28-03-2011 18:10
 
 
LORENO QUERCETO
l'arteriopatia obliterante periferica non è un "fattore di rischio" ma è espresione di malattia. Per le statine è necessario indicare qunati pazienti sono a "target" relativamente ai valori di LDL
Sarebbe inoltre necessario vedere se esistono differenze in termini di aderenza alla terapia tra coloro che vanno incontro ad un nuovo intrvento di PCI e coloro che invece rimangono asintomatici
inserito il: 30-03-2011 08:23