BATTERE LO SCOMPENSO

Dopo più di 10 anni senza novità farmacologiche, una nuova arma per abbattere la mortalità nello scompenso cardiaco: ivabradina.

28-1-2011Si calcola che nel mondo ci siano circa 23 milioni di pazienti con scompenso cardiaco, la cui incidenza aumenta con l’età (prevalenza di 47/1000 nei soggetti di più di 70 anni), con un incremento del 33% dei casi negli anni tra il 2000 e il 2007, essenzialmente dovuto ad un aumento dell’età media ed alla maggior sopravvivenza agli eventi acuti. L’insufficienza cardiaca cronica è responsabile del 5% di tutte le ospedalizzazioni, si trova nel 10% di tutti gli ospedalizzati, è responsabile della reospedalizzazione nel 40% dei pazienti, con conseguenti alti costi sanitari. Per rendere l’idea dell’enormità del problema, basti pensare che lo scompenso cardiaco cronico è causa del doppio delle morti rispetto al tumore della mammella e della vescica, causa più morti del tumore della prostata ed all’incirca lo stesso numero di morti del tumore del colon. Nonostante l’implementazione della terapia (antagonisti del sistema renina-angiotensina-aldosterone, beta-bloccanti) e di nuove procedure come la resincronizzazione ventricolare o l’impianto di defibrillatore automatico, la prognosi dei nostri pazienti con scompenso cardiaco resta severa. L’elevata frequenza di riacutizzazioni ed il peggioramento conseguente delle condizioni cliniche richiede un continuo aggiustamento della terapia. Nonostante gli inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone ed i beta-bloccanti abbiano dimostrato una riduzione della mortalità negli studi clinici, spesso tale terapia non viene assunta a dosi ottimali proprio per la difficoltà della titolazione dei farmaci nel mondo reale: meno di un terzo dei pazienti assume una dose ottimale di beta bloccante, solo il 50% di questi arriva ad una titolazione della metà della dose consigliata e la restante parte o assume dosi insufficienti di beta bloccante o non le assume affatto, a causa dell’insorgere di effetti collaterali quali stanchezza, facile affaticabilità ed ipotensione eccessiva, in particolare se alte dosi di diuretici sono necessarie per mantenere l’equilibrio emodinamico. Si osserva, spesso, nei nostri pazienti con scompenso, una frequenza cardiaca elevata proprio perchè la terapia con beta-bloccanti è sottotitolata. 29-1-2011Negli ultimi anni è stato ampiamente dimostrato come una frequenza cardiaca elevata a riposo sia associata ad un aumento della mortalità cardiovascolare nella popolazione generale, in entrambi i sessi, negli ipertesi, nei diabetici, nella cardiopatia ischemica e, non da ultimo, nell’insufficienza cardiaca. Ivabradina, inibitore selettivo della corrente If del nodo seno atriale, riduce specificatamente la frequenza cardiaca senza effetti su altre correnti ioniche, sull’inotropismo cardiaco o sulla pressione arteriosa. Ivabradina non agisce sul tono vascolare arterioso, non abbassa la pressione, non ha le controindicazioni dei beta bloccanti nei soggetti con insufficienza respiratoria e non dà problemi di astenia e di disfunzione erettile. È estremamente ben tollerata, sicura (bradicardia solo 5% dei casi) e ha come pressoché unico evento avverso la possibile comparsa di fosfeni (circa 1%), evento dose dipendente, per cui il più delle volte basta ridurre il dosaggio senza sospendere il farmaco. Nei pazienti con scompenso cardiaco, dopo più di 10 anni di stasi in termini di risultati terapeutici positivi, ivabradina si è dimostrata un’arma efficace nel ridurre la mortalità permettendo di raggiungere il più basso tasso di mortalità mai ottenuto prima (figura 1) nei soggetti con bassa frazione di eiezione e ritmo sinusale. Nello studio SHIFT (Systolic Heart Failure Treatment with If inhibitor Ivabradine Trial), condotto su 6.558 pazienti affetti da insufficienza cardiaca in classe NYHA II (50%) e III-IV (50%), con frazione d’eiezione <35% e con una ospedalizzazione per scompenso nell’anno precedente, l’aggiunta di ivabradina alla terapia ottimale (89% dei pazienti in beta bloccante, 56% con metà della dose ottimale, 26% a dose piena; 91% dei pazienti in terapia con ACE-inibitori o sartani; 61% con antialdosteronico) ha dimostrato un beneficio del 18% sull’end point principale combinato di morte cardiovascolare e di ospedalizzazione per scompenso. Molto significativa è la differenza fra ivabradina e placebo sulla morte per scompenso: ivabradina riduce del 26% la mortalità per scompenso cardiaco (Figura 2). Ivabradina, inoltre, riduce del 26% l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Nella pratica clinica è necessario trattare solo 26 pazienti in un anno per prevenire un end point primario e solo 27 per prevenire una ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Da notare che l’effetto dell’aggiunta di ivabradina alla terapia ottimale è estremamente precoce: già dopo il ventottesimo giorno di trattamento, i pazienti che ottengono una frequenza cardiaca basale <60 bpm hanno una miglior sopravvivenza per tutta la durata dello studio (Figura 3). Ivabradina presenta un’ottima sicurezza in associazione con la terapia ottimale della cardiopatia ischemica, come dimostrato nello studio BEAUTIFUL (Morbidity-Mortality Evaluation of the If Inhibitor Ivabradine in Patients with Coronary Artery Disease and Left Ventricular Dysfunction). Nella coronaropatia stabile con ventricolo sinistro disfunzionante si è dimostrata una riduzione significativa di ricoveri per infarto miocardico (-36%) e di necessità di rivascolarizzazione (-30%), a dimostrazione di una efficace protezione di ivabradina contro gli eventi ischemici nei pazienti con frequenza cardiaca >70bpm. Nei pazienti con sintomi anginosi (sottoanalisi BEAUTIFUL-angina), ivabradina riduce l’end point primario di morte cardiovascolare, ospedalizzazione per scompenso cardiaco e per infarto miocardico del 24% e di infarto miocardico del 42%, indipendentemente dalla frequenza basale. 30-1-2011Nello studio ASSOCIATE (Evaluation of the anti-anginal efficacy and Safety of the asSociation Of the If Current-inhibitor IvabrAdine with the BeTa-BlockEr) nell’angina cronica stabile, l’associazione di ivabradina al beta bloccante si è dimostrata sicura e ben tollerata, aumentando l’effetto anti-ischemico: aumento significativo della durata di esercizio, del tempo alla comparsa di angina e del tempo alla comparsa dell’ischemia, espressa come sottolivellamento del tratto ST di 1 mm. Il database dei trial con ivabradina include più di 20.000 pazienti tra coronaropatici e scompensati, in cui il farmaco ha dimostrato di essere un potente anti-ischemico e di ridurre la mortalità nei pazienti scompensati in ritmo sinusale, il tutto in totale sicurezza, da solo o in associazione con terapia ottimale. Questo ha fatto sì che tale farmaco si sia imposto nella pratica clinica tanto che il legislatore ne indichi l’uso nei nostri reparti ed ambulatori nelle seguenti condizioni: 1. nei pazienti sintomatici per angina cronica stabile in associazione alla terapia anti-ischemica ottimale od in coloro che non la tollerano; 2. in associazione ai beta bloccanti in tutti i pazienti con frequenza cardiaca superiore a 70bpm e con disfunzione ventricolare sinistra, in quelli con frequenza cardiaca superiore a 60bpm e senza segni di scompenso e quelli che hanno un test provocativo positivo nonostante il beta bloccante. Dati preliminari di un nostro studio in 111 pazienti affetti da insufficienza cardiaca con frazione d’eiezione <35%, giunti alla nostra osservazione in terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone ma in assenza di beta bloccante, suggeriscono che iniziare, in prima battuta la terapia combinata con ivabradina e beta bloccante rispetto al solo beta bloccante, è estremamente efficace nella riduzione della frequenza cardiaca basale, migliora la qualità della vita, la tolleranza allo sforzo ed è ben tollerata in assenza di effetti collaterali (dati non pubblicati). In conclusione, ivabradina riduce la mortalità per scompenso e l’ospedalizzazione per scompenso dimostrandosi “standard of care” nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca; inoltre, ivabradina ha un potente effetto anti-anginoso ed anti-ischemico in monoterapia o in associazione a beta bloccanti riducendo gli eventi coronarici, l’infarto miocardico fatale e non fatale.

Irene Franzoni - Andrea Macchi
Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare
Ospedale San Raffaele, Milano

 
DOMENICO GALASSO
Domenico Galasso Occorre liberalizzare l'uso nella giusta indicazione senza alcun piano terapeutico,mezzo questo che serve a dissuadere il medico dal corretto uso.Perchè dovrebbe funzionare meglio il piano terapeutico rispetto alla libera prescrizione? Sono i vincoli posti dai burocrati che non vedono malati
inserito il: 09-05-2011 15:53
 
 
GIORGIO IOLI
L'efficacia dell'Ivrabadina è stata confermata negli ultimi studi? Cosa si aspetta a togliere il piano terapeutico?
inserito il: 10-05-2011 10:01
 
 
SALVATORE DERRICO
forse la bradicardia allunga i tempi di diastole e migliora la perfusione coronarica.Migliora la contrattilita'?
inserito il: 10-05-2011 10:57
 
 
FLAVIO ACQUISTAPACE
APPROPRIATEZZA : Esperienza ulteriore nel mondo reale : i dati operativi nella pratica clinica dimostrano in modo esteso e inconfutabile l'efficacia e l'appropriatezza terapeutica e progbnostica e sulla miglior gestione dell qualità di vita dell'Ivabradina ANCHE IN LATERNATIVA al betablocco in pazienti con comorbilità respiratoria , anziani , dismetabolismi. Il controllo e l'appropriatezza della terapia della cardiopatia ischemica deve tener conto a priori anche delle comorbilità per la miglior gestione prognostica riabilitativae appropriata e quindi costo/efficace del paziente . Esperienza osservazionali nel mondo reale , pratica clinica e gli stessi dati AIFA dinmostrano l'APPROPRIATEZZA del farmaco nella cardiopatia ischemica .
Bisogna faviorire una consocnezna e l'applicazione di BUONA PRATICA CLINICA nella terapia della cardiopatia ischemica nel mondo reale .
Flavio Acquistapace
inserito il: 10-05-2011 13:21
 
 
GIANFRANCO BAGGIONI
nelle indicazioni all'uso della Ivabradina non é contemplato lo scompenso almeno fino ad ora. Sarebbe quindi un utilizzo "off label"e pertanto affidato solamente alla responsabilità di chi lo presceive
inserito il: 11-05-2011 11:08
 
 
MARC VECCHI
Rispondo a Salvatore Derrico: Ivrabadina agendo sui questi nuovi canali "If" non interferisce con la contrattilità miocardica, rispetto ai beta-bloccanti tale farmaco non risulta inotropo negativo.
E' necessario ancora qualche studio randomizzato in grande stile, ma mi sembra ad ora che il farmaco abbia buone possibilità di applicazioni future; agire prettamente sulla frequenza cardiaca limitando effeti collaterali dei beta-bloccanti non è male!
inserito il: 17-05-2011 14:21