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Antialdosteronici: E’ arrivato il momento di modificare la terapia medica dello scompenso cardiaco? |
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Fonte: N Engl J Med. 2011;364(1):11-21 e Curr Heart Fail Rep. 2011 Jan 5. [Epub ahead of print].
Dopo precedenti successi nella terapia dello scompenso cardiaco severo, grazie al recente studio EMPHASIS-HF (Eplerenone in Mild Patients Hospitalization and Survival Study in Heart Failure) è stato dimostrato come l’antialdosteronico sia di estremo vantaggio nel trattamento anche del paziente scompensato di minore severità, almeno sotto un profilo sintomatologico. La valutazione, infatti, del ruolo nell’eplerenone (antialdosteronico che, purtroppo, non è disponibile in Italia) nel paziente con scompenso sistolico e sintomatologia modesta ha dato risultati decisamente positivi. Nello studio EMPHASIS-HF, in particolare, sono stati reclutati 2.737 pazienti in classe II NYHA, tutti con frazione di eiezione <35%. In random e doppio-cieco, alla terapia ottimale dello scompenso cardiaco è stato addizionato eplerenone (fino a 50 mg al giorno) oppure placebo. L’end point primario è stato individuato nel composto di morte per cause cardiovascolari oppure ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Lo studio è stato interrotto prematuramente, come pre-specificato, dopo 21 mesi (mediana), periodo durante il quale l’end point primario si è verificato nel 18.3% dei pazienti in trattamento con eplerenone e nel 25.9% dei pazienti in trattamento con placebo (hazard ratio, 0.63; intervallo di confidenza al 95% [CI], 0.54 - 0.74; p<0.001). Il 12.5% dei pazienti in trattamento con eplerenone è deceduto durante il follow up, versus il 15.5% dei pazienti in trattamento con placebo (hazard ratio, 0.76; CI al 95%, 0.62 - 0.93; p=0.008). Rispettivamente, il decesso era legato a cause cardiovascolari nel 10.8% e nel 13.5% dei casi (hazard ratio, 0.76; CI al 95%, 0.61 - 0.94; p=0.01). Le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e per ogni causa erano ridotte con l’eplerenone. Iperkaliemia (potassiemia >5.5 mmol/litro era rilevabile nell’11.8% dei pazienti trattati con eplerenone e nel 7.2% dei pazienti trattati con placebo (p<0.001). Ciò, molto correttamente, ha permesso di far concludere testualmente agli autori che: “Eplerenone, as compared with placebo, reduced both the risk of death and the risk of hospitalization among patients with systolic heart failure and mild symptoms”. Sebbene la correttezza della suddetta, ripetiamo testuale, affermazione sia assolutamente fuori da ogni discussione “evidence-based”, la sua trasposizione alla vita reale potrebbe forse suscitare qualche perplessità. Ciò è stato già fatto da alcuni esperti, tra cui riportiamo il parere di due clinici della Cleveland Clinic, giustamente in accordo con le conclusioni dell’articolo del New England Journal of Medicine, ma anche perplessi di fronte a due aspetti. Il primo, cioè la pressoché completa oscurità relativa ai motivi del beneficio così evidentemente esercitato dagli antialdosteronici nel contesto dello scompenso cardiaco, è a nostro avviso di scarsa rilevanza pratica: i meccanismi conducenti all’azione benefica operata dagli stessi ACE-inibitori nello scompenso cardiaco ci sono largamente ignoti, stante la dimostrata attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone in pazienti scompensati e cronicamente ACE-inibiti, ma nessuno si è mai sognato di non prescriverli per questo motivo. Il secondo, invece, appare essere decisamente più cogente: nessuno, sintetizzano dalla Cleveland Clinic, contesta i dati dell’EMPHASIS-HF, ma nella vita reale si dovrà prestare molta attenzione ai potenziali eventi avversi, soprattutto rappresentati dall’iperkaliemia. Questa affermazione ci sembra condivisibile e, pertanto, siamo certi che il dibattito sull’EMPHASIS-HF proseguirà. Ciò, ovviamente, senza voler in alcun modo sminuire l’evidente beneficio esercitato dall’eplerenone nel paziente scompensato. |
- Primo infarto del miocardio: fattori di rischio, sintomi e terapia medica
Fonte: Numohamed et al https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehaf390. Nonostante l'implementazione di algoritmi di rischio clinico basati su fattori di rischio tradizionali, il carico globale delle malattie cardiovascolari aterosclerotiche ha continuato ad aumentare negli ultimi decenni. Esistono pochi dati reali sulla prevalenza sia dei sintomi che dei fattori di rischio prima dell'infarto miocardico (IM). Recentemente è stato pubblicato uno studio che si proponeva di indagare la prevalenza dei fattori di rischio documentati per la malattia coronarica, dei sintomi documentati, delle visite mediche e dell'adozione di terapie preventive prima del primo IM. In questo studio retrospettivo di coorte, sono stati inclusi pazienti statunitensi di età pari o superiore a 18 anni con un primo IM [definizione secondo la Classificazione Internazionale...leggi la news - L’attività fisica riduce il rischio di Fibrillazione Atriale
Fonte: Tiahnybik J et al. Circulation. 2025. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.124.072893. La fibrillazione atriale è l’aritmia più comune, ma negli afroamericani sembra presentarsi meno frequentemente rispetto ad altre popolazioni. Questo studio della Jackson Heart Study ha esplorato il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione della fibrillazione atriale in una vasta coorte afroamericana mai studiata prima con questa specificità. Sono stati analizzati i dati di 4.177 partecipanti afroamericani, con un’età media di 54,2 anni (±12,9) e una prevalenza femminile del 65%. I livelli di attività fisica sono stati classificati secondo le linee guida dell’American Heart Association: attività fisica scarsa (nessuna attività moderata o intensa settimanale), attività fisica intermedia (da 1 a 149 minuti di attività moderata o da 1...leggi la news - Ablazione epicardica nella sindrome di Brugada: è giunta l’ora?
Fonte: Pappone C, et al. DOI: 10.1093/europace/euaf097. In questo studio prospettico, randomizzato (2:1), condotto in un singolo centro, è stata valutata l’efficacia dell’ablazione epicardica nei pazienti con sindrome di Brugada (BrS) ad alto rischio, già portatori di defibrillatore impiantabile (ICD) in prevenzione secondaria (per arresto cardiaco o terapie appropriate). Sono stati arruolati 40 pazienti (83% uomini, età media 43,7 ± 12,1 anni), di cui 26 sottoposti ad ablazione e 14 gestiti come controlli. Prima dell’arruolamento, 36 pazienti avevano già ricevuto terapie appropriate dall’ICD. Il follow-up medio è stato di 4,0 ± 1,7 anni. L’endpoint primario era l’assenza di recidive di fibrillazione ventricolare; tra gli endpoint secondari figuravano la sicurezza procedurale, le complicanze legate all’ICD e...leggi la news - Finerenone nei pazienti con sindrome cardio-reno-metabolica: anche antiaritmico!
Fonte: Pabon MA, et al. DOI: 10.1016/j.jacc.2025.03.429. In un’analisi combinata a livello individuale dei partecipanti di tre grandi trial clinici randomizzati (FIDELIO-DKD, FIGARO-DKD e FINEARTS-HF), è stato valutato l’effetto del finerenone, un antagonista non steroideo del recettore dei mineralcorticoidi, sull’insorgenza di nuova fibrillazione atriale (FA) o flutter (FlA) in pazienti con sindrome cardio-reno-metabolica. Sono stati inclusi 14.581 pazienti liberi da FA/FlA al basale, randomizzati a finerenone o placebo, con un follow-up mediano di 2,9 anni. Durante il periodo di osservazione, 631 pazienti (4,3%) hanno sviluppato FA/FlA, con un’incidenza significativamente inferiore nel gruppo finerenone rispetto al placebo (3,9% vs 4,7%; HR: 0,83; IC 95%: 0,71-0,97; p=0,019). La riduzione del rischio è risultata coerente indipendentemente dal numero...leggi la news
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Mi resta un dubbio: hanno valutato il beneficio anche in presenza di comorbidità come l'insufficienza renale?
Io utilizzo spp canrenone e canreonato di K.
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